Le mille giustizie dello stesso paese


Nella giornata in cui il movimento No TAV mostra tutta la sua compattezza e unità, manifestando con oltre 50.000 persone in Valsusa; il potere mostra, ancora, tutte le sue contraddizioni. In Valle è una giornata festosa. Sono giunti da tutta Italia, anche decine di compagni provenienti da Viareggio e dalla Versilia, per dire no ad un progetto di devastazione del territorio che farà arricchire i soliti noti e sarà inutile se non dannoso per la collettività. La manifestazione è colorata e pacifica ma la notizia per quanto riesca a bucare lo schermo televisivo viene immediatamente sovrastata dalla prescrizione per Silvio Berlusconi nel processo Mills. Gli uomini del PDL cantano vittoria e spacciano vergognosamente la prescrizione come un’assoluzione. Niente di più falso! Di Pietro, Travaglio, il partito di Repubblica e compagnia cantante rispolverano, invece, il più patetico degli antiberlusconismi quello che alla fine ha sempre fatto vincere Berlusconi, inneggiando ai magistrati e alle manette.
Intanto dalla Valle i manifestanti rientrano ma alla stazione Porta Nuova di Torino uno sbirro, di quelli già noti fin dai tempi del G8 di Genova, si prende la licenza di seminare il panico dando ordine di caricare indiscriminatamente. Le veline della questura daranno ai giornali la notizia che la polizia ha dovuto disperdere dei facinorosi che lanciavano sassi. L’informazione ossequiosa e acritica del potere, compresa Repubblica, danno credito a questa versione che vede però moltissimi testimoni smentirla. Siamo di fronte all’ennesima provocazione di qualche sbirro o ad una strategia più sottile? E’ presto per dirlo. Quello che è certo però è il fatto che il movimento No TAV non si è fatto dividere tra buoni e cattivi e questo alle forze della repressione non è andato proprio giù. La solidarietà agli arrestati per i fatti di luglio è stata grande.
Nello stesso giorno in cui Silvio Berlusconi brinda allo scampato pericolo c’è anche un’altra notizia a cui però gli organi di informazione danno pochissimo risalto. Un nord africano di 20 anni, arrestato la sera prima, muore in circostanze misteriose in una cella di sicurezza della questura di Firenze. E’ l’ennesimo morto nelle mani della giustizia italiana ma è straniero e non è nipote di Mubarak quindi nessuno si scomoderà per lui. In questo strano paese non ha più senso parlare di giustizia ma sarebbe più corretto parlare di giustizie. Cosi abbiamo pericolosi criminali che vengono rimessi in libertà per un cavillo o un errore giudiziario e abbiamo persone che vanno in carcere perché hanno rubato un pacco di biscotti. In questo clima di profonda ingiustizia gli apparati della repressione aumentano la loro azione, specialmente contro i soggetti più deboli e poveri. Non contenti dei morti affondati nel mediterraneo, proprio in questi giorni la corte europea ha condannato l’Italia per i respingimenti, le forze armate italiane non hanno trovato di meglio che andare ad uccidere due marinai indiani scambiati per pirati. La pretesa del governo italiano di processare in patria i due militari italiani ci appare alquanto singolare. Chi invoca la legalità, a questo punto del gioco, ci fa solo sorridere. Di legale in questo paese c’è rimasta solo l’ora che sarà ripristinata alla fine di marzo. Siamo il paese delle mille giustizie. Dove corrotti e corruttori fanno carriera e chi lotta per difendere dei diritti viene duramente represso. Comunque, niente di nuovo sotto il sole.

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