14 Ottobre 1943 – Fuga da Sobibor

Nel 1942 il capo delle SS Himmler, diede inizio all’operazione Reinhard, la soluzione finale della questione ebraica della Germania Nazista. In segreto, nella Polonia orientale, vengono eretti 3 grandi campi di concentramento nella Polonia orientale, come Belzec e Treblinka. Ma il più segreto di tutti era Sobibor, vicino ai confini dell’Unione Sovietica. Fu li che il 14 Ottobre 1943, riuscì la più grande rivolta di prigionieri della Seconda Guerra Mondiale. All’interno del campo si formò un gruppo di resistenti ebrei, guidati da Leon Feldhendler, ex capo del Consiglio Ebraico della città di Zolkiew in Polonia, che stavano progettando la fuga dal campo di concentramento. I rivoltosi trovarono la loro guida in Aleksandr Aronovic “Sasa” Pecerskij, capitano ucraino dell’Armata Rossa, il quale insieme agli altri soldati della sua divisione, aiutò e organizzò l’evasione da Sobibor. Il piano prevedeva l’eliminazione dei capi delle SS di guardia nel campo, i quali dovevano essere attirati singolarmente in luoghi isolati e poi uccisi. Poi ci sarebbe stato l’assalto all’arsenale del campo, per poi fuggire dal cancello principale, dato che il resto del perimetro era minato. Undici ufficiali delle SS vennero uccisi ma la scoperta del cadavere del sergente Rudolf Beckmann mise in allerta i guardiani del campo che iniziarono a massacrare i primi detenuti che tentavano la fuga attraverso il campo minato in direzione del bosco. Alcuni di questi prigionieri morirono saltando per aria sulle mine ma in questo modo riuscirono ad aprire la strada agli altri che li seguivano. Il capitano che si occupava di Sobibor, dopo la rivolta nel campo fu trasferito a Trieste e li ucciso dai partigiani meno di tre mesi dopo la rivolta. Leon Feldhendler raggiunse Lublino in Polonia, dove rimase fino alla liberazione. La città fu liberata dall’Armata Rossa il 24 Luglio 1944 e divenne il quartier generale temporaneo del Comitato Comunista Polacco di Liberazione, istituito da Stalin. La aprì un’attività dando lavoro a molti ebrei sopravvissuti ai campi di concentramento, inclusi quello di Sobibor. Durante un confronto con degli antisemiti, Feldhendeler fu ferito con un colpo di pistola dai nazionalisti polacchi il 2 Agosto 1944, perché era ebreo. Morì il 6 Agosto dopo una lunga agonia. Pecerskij, insieme ai suoi compagni, raggiunse le linee russe e riprese la guerra contro i nazisti. Dopo la guerra fu sospettato di essersi liberatamente consegnato nelle mani dei tedeschi e sospettato dunque di tradimento. Ma quando finalmente gli fu riconosciuto il suo contributo alla lotta contro il Fascismo, Pecerskij fu liberato e fu esaltato per la sua operazione durante la rivolta di Sobibor. Nel 1963, Pecerskij fornì una testimonianza chiave al processo ai criminali di guerra contro undici guardie ucraine di Sobibor; dieci di loro furono condannate a morte. Nel 1973 andò in pensione e visse a Rostov sul Don in Unione Sovietica; morì il 19 gennaio 1990. Sobibor era un campo di sterminio dove furono uccisi più di un quarto di milione di ebrei, ma il 14 ottobre del 1943 più di 300 dei 600 internati riuscirono a raggiungere la libertà. Ma 70 morirono durante la fuga, mentre altri furono catturati e uccisi negli altri campi di concentramento. Alla fine coloro che riuscirono a scampare alla cattura furono tra i 50 e i 60. Dopo la rivolta, Himmler ordinò di chiudere il campo, di smantellarlo e di piantarci dei pini trasformandolo in una fattoria dove una guardia ucraina occupava il finto ruolo di contadino. Oggi in quel bosco si erge questo monumento ai caduti, in ricordo dei valorosi combattenti di Sobibor che iniziarono a far diventare reale quel desiderio degli uomini che gridano “Mai più!”

Duccio Checchi

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