I fascisti, il mare di destra, il mare di sinistra e i rigagnoli comunisti. (piccoli spunti alla discussione)

I fascisti non sono soli. Essi hanno una serie di amici da cui sono spalleggiati, protetti e sostenuti. Tra questi i più pericolosi sono quelli che negano il fascismo, fanno spallucce sul razzismo, e minimizzano tutti i rigurgiti che in questi anni abbiamo visto riemergere contro i profughi, gli stranieri, i rom, gli omosessuali, ecc.. Tra gli amici dei fascisti ci sono quelli che si dilettano a denigrare il movimento LGBTQ, il movimento ambientalista, quelli che insultano Greta e Karola sfogando il loro peggior sessismo di machisti frustrati. Tra i loro amici ci sono quelli che dicono di essere contro la globalizzazione e per il sovranismo ma che nel 2001 a Genova stavano con la violenza dello stato contro i No Global. I fascisti hanno bisogno di alleati e lo sanno benissimo, del resto il fascismo nel ventennio salì al potere con l’appoggio di monarchici, liberali e anche di parte dei cattolici, per lo meno quelli più clericali. Insomma tutta la destra fece da apripista al fascismo. Non basta quindi non essere fascisti, per contrastare il fascismo. Del resto il termine “afascista” fu usato dal post fascista Gianfranco Fini. Per contrastare il fascismo bisogna essere coerentemente antifascisti, come furono i padri della costituzione, e la destra italiana non lo è per niente. La sinistra italiana, invece, è fermamente anticomunista. Da tempo ha scelto gli imprenditori ai lavoratori, da tempo ha scelto il liberismo e perseguito la strada delle privatizzazioni e della deregulation. Da anni ha imposto politiche di austerità in nome dell’Europa. Addirittura a Bruxelles sono arrivati ad equiparare nazismo e comunismo, chi morì per l’oppressione e chi morì per la libertà. Insomma i fascisti hanno un mare dove nuotare: la destra. I comunisti no perché la sinistra è un mare difficile. I capitalisti navigano in entrambi i mari e mentre tollerano, usano e alle volte foraggiano i fascisti non fanno sconti ai marxisti perché ancora tremano al ricordo dell’Ottobre rosso. Il mare di sinistra è, però, ostile ai comunisti anche perché gli stessi comunisti di fronte alle difficoltà e alle sconfitte hanno reagito chiudendosi a riccio. Scegliendo l’identitarismo, il settarismo, l’estremismo. Hanno iniziato a divenire litigiosi e a frammentarsi in decine di rigagnoli. Hanno preso a fare fughe in avanti, perdendo il contatto con la realtà. Vivono di nostalgie, incapaci di immaginare strade nuove. Hanno disimparato la lezione di Lenin, il quale sosteneva che non esistono movimenti rivoluzionari puri, e aspettano e pretendono una purezza dalle classi, che dovrebbero rappresentare, che non c’è mai stata e mai ci sarà. Hanno disimparato Marx, in particolar modo la dialettica marxista e il concetto di contraddizione. Hanno disimparato Lenin, con la sua critica all’estremismo malattia infantile del comunismo. Si sono chiusi in un angolo diventando residuali e inutili. La crisi capitalistica rischia quindi di avere solo risposte reazionarie. Al liberismo si oppone il protezionismo, alla globalizzazione capitalista si oppone il nazionalismo mascherato da sovranismo. Insomma alla sinistra “liberale” si oppongono le destre scioviniste. L’internazionalismo proletario di Marx, Lenin, Trotsky, Luxembourg, Gramsci, Che Guevara, di cui avremmo tanto bisogno, ha lasciato il posto alla perversa e confusa identità geografica, più che politica, di socialismo in un solo paese. Lo stalinismo si ripresenta con tutti i suoi veleni tossici facendo, più o meno involontariamente, da sponda al sovranismo e creando un sincretismo tra opposti. Sul piano internazionale il sostegno al Partito Baath di Bashar Al Assad è forse l’esempio più lampante. Il fenomeno del “rossobrunismo” è anche il risultato dell’abbandono da parte dei comunisti dell’internazionalismo rivoluzionario per riabbracciare le assurde teorie campiste.
La proposta marxista può esistere solo se ha una natura internazionalista, se sa essere distante e antagonista alle classi dominanti e se sa costruire egemonia dentro un campo più vasto di alleanze tattiche e parzialmente anche strategiche. Sappiamo bene che certe cose sono più facili a dirsi che a farsi ma l’esperienze della DSA negli USA, di Anticapitalistas all’interno di Podemos in Spagna e dei marxisti inglesi nel labour party ci parlano di interventi radicali e non settari sul quale la sinistra di classe italiana farebbe bene a riflettere.

Mario Giannelli

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