Maradona, come Socrates, compagno fuoriclasse.

Viviamo in una società che si nutre di miti. Che sia una fortuna o una sfortuna poco cambia, questa è la realtà. A dire il vero tutte le società umane si sono sempre nutrite di miti. Valeva per i greci e i romani, per gli uomini del medioevo, per le società cristiane e per quelle islamiche e le rivoluzioni illuministe, liberali e socialiste non hanno fatto eccezione.

La morte di Diego Armando Maradona, avvenuta nel quarto anniversario della morte del suo amico Fidel Castro, ha scosso profondamente mezzo mondo. Dall’Argentina a Napoli; da Cuba a Belgrado; da Barcellona al Venezuela; in tanti piangono la scomparsa del Pibe de Oro, uno che mito lo era già in vita.

Il dolore per molti è grande come se avessero perso uno di famiglia. Come è possibile spiegarsi una simile reazione di sentimenti popolari, specialmente a Napoli e in Argentina? Certamente il fatto che si sia trattato del più grande giocatore di calcio del mondo incide, così come incide il fatto che sia nato nel quartiere più povero di Buenos Aires e che abbia affrontato mille avversità. Sicuramente, influisce anche il periodo in cui viviamo, dentro una pandemia, che ha modificato le nostre vite e soprattutto la nostra percezione della morte. Sicuramente l’elemento, però, che influisce di più è il fatto che Maradona sia stato un ribelle, ingestibile dal potere benpensante, sia quando con scelte individuali ha usato droghe, fatto risse, evaso il fisco, ecc., sia quando si è schierato politicamente con Cuba e Fidel Castro, contro l’imperialismo americano e ha appoggiato il “socialismo del ventunesimo secolo” di Chavez, Morales, ecc..

I moralisti ipocriti, di destra principalmente ma purtroppo qualcuno anche di sinistra, hanno provato a gettare fango sulla figura di Diego. Si tratta di invidie e ipocrisie che rispondono a paure ancestrali di chi appartiene ad una cultura mediocre. I soliti sciacalli, che si ammantano del titolo di giornalisti, come Sallusti, Feltri e Cruciani hanno vomitato il loro odio. Questa volta vittima delle loro esecrazioni non è stato un immigrato, un povero ma uno, che a torto o ragione, ha incarnato il riscatto di questi. Se ancora oggi nelle periferie di Napoli, Buenos Aires ma anche di Belgrado, Baghdad o Beirut, i bambini giocano a calcio gridando il nome di Maradona c’è un perché. Il calcio può piacere o no ma di sicuro far finta di non interessarsene non trasforma un insensibile in un impegnato, al massimo solo in uno snob. Nei ricordi spensierati c’è sempre un bambino con il pallone, un momento lieto dell’infanzia anche in quelle più difficili. Se la sinistra perfettina non lo capisce non meravigliamoci se poi è sconnessa dalle istanze popolari.

Abbiamo scelto un’immagine per ricordare Maradona, quella di lui contro il brasiliano, Socrates durante la partita Argentina Brasile del mondiale di Spagna 1982. Due giocatori di un calcio che, purtroppo, non esiste più. Maradona, come abbiamo già detto, schierato con la riscossa dell’America Latina di Castro, Chavez e Morales. Socrates impegnato contro la dittatura militare brasiliana e sostenitore dell’autogestione negli spogliatoi con il progetto della democrazia corinthiana. Il primo con problemi di dipendenza da cocaina, il secondo ucciso dall’alcool. Sono un doppio insegnamento per i benpensanti come quello che si può essere impegnati politicamente dalla parte degli ultimi anche se si è dei campioni famosi e che la grandezza degli uomini non sta nel non avere debolezze o vizi ma nel saperci convivere. Di Socrates ricordiamo quando alla domanda di un giornalista italiano che gli chiedeva chi fosse più forte tra Rivera e Mazzola rispose, in modo netto, che era venuto in Italia per leggere Gramsci in lingua originale. Maradona, sicuramente, non aveva la stessa erudizione ma non era da meno come spirito critico e, infatti, non mancarono mai battute ed esternazioni su temi sociali e anche prese di posizioni politiche. Entrambi hanno rappresentato la voglia di riscatto di due popoli dell’America Latina che hanno il gioco pallone nel DNA. Entrambi non hanno esitato a schierarsi dalla parte degli oppressi contro gli oppressori. Salutiamo Diego a pugno chiuso, quel pugno chiuso che anche lui più volte ha scelto di fare. Ci fa tristezza chi se ne esce con la frase: “Maradona non era un modello da seguire.” Sia perché Maradona non doveva e non voleva essere un modello ma uno che regalava sogni. Sia perché sarebbe l’ora di finirla di cercare modelli e cadere nell’ingannevole filosofia idealista. Maradona era un uomo con i pregi e i difetti degli uomini. E Maradona, come Socrates e come tanti altri uomini, ha cercato di essere compagno. C’è riuscito o non c’è riuscito è un discorso da professorino che non ci interessa, anche perché per noi chi cerca una cosa, in una qual misura, l’ha già trovata.

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