La limonata di Ingroia al posto delle arance rosse


In principio fu il “No Monti day”, il 27 ottobre, una grande manifestazione nazionale promossa da varie organizzazioni sindacali, politiche e sociali come: il Comitato No Debito, la Rete 28 aprile della CGIL, l’USB, la Confederazione dei Cobas, i CUB, l’USI, il Coordinamento nazionale lavoratrici/ori autoconvocati contro la crisi, il Partito della Rifondazione Comunista, i Giovani Comuniste/i, la Rete dei comunisti, Sinistra Critica, il Partito Comunista dei Lavoratori, il Laboratorio politico Alternativa, i Comunisti Uniti, il Partito dei CARC, i Comunisti – Sinistra popolare, Piattaforma Comunista, ecc. ma al corteo parteciparono anche pezzi importanti di movimento come i No TAV, coordinamenti studenteschi e centri sociali. Alcuni settori di movimento più radicali che snobbarono quella manifestazione la bollarono come elettoralistica. Oggi quella affermazione ci fa sorridere e ci verrebbe da aggiungere magari lo fosse stata. Magari quelle forze sociali e politiche, con tutte le loro contraddizioni, avessero vinto tendenze frazionistiche e settarie. Purtroppo vecchie diffidenze e leaderismi hanno impedito che quella piazza riuscisse a concretizzare anche una vaga proposta politica per riconquistare la rappresentanza nelle istituzioni.
Il non concretizzarsi di questa proposta fece salire le quotazioni di ALBA, il cosiddetto movimento dei professori, che fu la promotrice dell’appello “cambiare si può”. Sembrava finalmente nascere una alternativa, dal basso, al centrodestra e al centrosinistra. Le assemblee, pur non avendo, pienamente al centro la questione del mondo del lavoro, si caratterizzavano per un antiliberismo e un radicalismo sociale dove i movimenti potevano trovare un luogo di discussione e ricomposizione. Purtroppo i soliti noti hanno preferito giocare d’anticipo e, partiti decotti come il PdCI e l’IDV, hanno giocato una partita parallela con la regia di De Magistris, Orlando e dello stesso Ingroia che hanno stravolto completamente l’essenza di cambiare si può. All’improvviso è apparsa una lista con il nome del candidato premier “Ingroia”scritto a caratteri cubitali. Sembra fatta da un ottico per chi ha poche diottrie. La cosa che però maggiormente sconvolge è il fatto che la pratica di una testa un voto viene cancellata e i segretari di partiti ricompaiono nelle liste. Tra i candidati ci sarà quell’Antonio Di Pietro, che siede al parlamento europeo con i liberali e che che votò contro la commissione sul G8 di Genova. Tra i candidati dovrebbe esserci anche quell’accattone politico del segretario del PdCI Oliviero Diliberto che da ministro di giustizia diede enormi poteri ai GOM. Sia il “questurino” Di Pietro, sia lo “stalinista” Diliberto oltre ad essere contrari a provvedimenti di amnistia hanno cercato fino all’ultimo un’intesa con il PD e il centrosinistra e se questo non è avvenuto è solo perché il PD gli ha giudicati impresentabili. Non la pensa cosi Ingroia che, nella sua corsa elettorale, ha deciso di imbarcare anche questi personaggi. Ingroia non esclude, neppure, un accordo post elettorale con il centrosinistra e nel programma mentre non cita mai i lavoratori mostra attenzione per gli imprenditori. ALBA, Sinistra Critica, il comitato No debito e la maggioranza delle realtà antiliberiste abbandonano il progetto. Fino a pochi giorni fa qualcuno discuteva se le arance fossero più arancioni o più rosse. Oggi ci appare sempre più palese che siamo di fronte ad un’amara limonata. Non è cosi che si costruisce la Syriza italiana! Ancora una volta la sinistra italiana rimane prigioniera dei suoi demoni il governismo, il moderatismo e soprattutto l’incapacità di rinnovarsi. Sarà difficile per questa lista, che sembra configurarsi sempre di più come un nuovo arcobaleno giustizialista, convincere di essere alternativo al centrosinistra visto che le forze politiche che ne fanno parte governano regioni, province e comuni con il PD.
La maggioranza delle forze che erano presenti al No Monti day non sosterranno Ingroia che in compenso avrà l’appoggio di chi ha partecipato alle primarie e fino all’ultimo ha bussato alle porte del PD.
Errare umanum est perseverare diabolicum

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