Era annunciato e alla fine è successo. Sinistra Critica, l’organizzazione nata l’8 dicembre 2007 da una scissione di Rifondazione Comunista dopo che questo partito aveva deciso di rivotare le missioni di guerra, ha concluso la sua esistenza. Il terzo congresso aveva, di fatto, visto l’emergere di due posizioni di pari forza numerica e inconciliabili, non tanto nelle analisi, ma nelle pratiche. A Trevi nelle tre giornate di questo congresso, nonostante, i firmatari del documento (Piero Maestri, Lidia Cirillo, Salvatore Cannavò, Gigi Malabarba, Felice Momenti, Flavia d’Angeli, Danilo Corradi, ecc..) e gli emendanti (Franco Turigliatto, Nando Simeone, Antonio Moscato, ecc..) avessero trovato una sintesi in un documento unitario le differenze non si appianano. I mesi successivi non vedono la possibilità di una sintesi e di fatto anche l’ipotesi di Sinistra Critica come casa comune di due progetti distinti viene meno. La divisione avviene in modo civile e consensuale e senza stralci di polemiche come purtroppo avviene in quasi tutte le circostanze. La divisione del piccolo patrimonio viene divisa equamente in due parti. Entrambe decidono di comune accordo di rinunciare al nome di Sinistra Critica evitando inutili contese ma nessuna delle due annuncia per il momento i nuovi nomi. Entrambe le nuove organizzazioni resteranno all’interno del segretariato unificato della quarta internazionale.
Come si caratterizzeranno queste due nuove organizzazioni politiche della galassia della sinistra anticapitalista non è ancora facile capirlo.
Le strade sono diverse. Da una parte chi punta all’autorganizzazione e alla autogestione ripartendo dai conflitti sociali come con sperimentazioni “fuori mercato”. Un percorso che vive e muove dal conflitto di classe sui luoghi di lavoro, dalla socializzazione degli spazi, dal protagonismo dei migranti, dalla lotta contro l’austerità e il debito, dalle forme di comunicazione, ecc.. Dall’altra chi cerca di riunire i vari soggetti frantumati proponendo l’ennesima ripartenza in questo. Entrambi i progetti puntano ad una autonomia e un antagonismo dal PD e dal centrosinistra ma le modalità su cui costruire ciò sono molto diverse c’è chi crede centrale una nuova generazione politica che diventi protagonista e chi invece pensa di risolvere il tutto con la nascita di un partito magari radicale quanto vogliamo ma che entri in campo ormai a tempo scaduto.
In Versilia la stragrande maggioranza dei compagni sembra essere orientata a seguire la sperimentazione di una rete anticapitalista autorganizzata anche se avrebbe preferito tempistiche e modalità di discussione differenti. Non sarà inoltre più tollerata la supremazia della metropoli sulla provincia.
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