Breve analisi del voto

Prima di analizzare i dati delle elezioni europee occorre fare alcune premesse. La prima premessa è che in Italia s’è votato con una legge sub judice. Lo sbarramento al 4% è un’anomalia tipica del nostro paese sulla quale la magistratura dovrà pronunciarsi. In tutti gli altri paesi dell’Unione Europea, infatti, si vota con un proporzionale puro. L’altra premessa da fare è sull’informazione distorta che ha oscurato molte delle liste presenti alle elezioni riducendo la campagna elettorale, di fatto, a soli tre leader: Renzi, Grillo e Berlusconi. Infine c’è da ricordare il provincialismo tipico della penisola che ha teso a ridurre la campagna elettorale per le europee in una prova generale per le prossime elezioni politiche. Non si tratta di tre premesse da poco ma di tre fondamenti che hanno, di fatto, condizionato il voto degli italiani.

Il primo dato che emerge è la fortissima astensione. Il 43% degli elettori ha disertato le urne in Italia, (assai di più nel resto d’Europa), mostrando una grande sfiducia nelle istituzioni.

Dalle urne esce una netta la vittoria del PD di Matteo Renzi che prende 11.000.000 di voti reali, ovvero, 2.500.000 in più rispetto alle elezioni politiche dell’anno scorso quando il partito era guidato da Bersani. La percentuale dal 40,8% fa parlare di una nuova “Balena Bianca”, ed effettivamente il PD diviene un polo d’attrazione per i moderati, prosciuga Scelta Civica che si ferma a numeri da prefisso telefonico (0,7%) e prende voti anche al partito del ministro dell’interno Angelo Alfano. Il Nuovo Centro Destra (NCD) alleato con l’UDC di Casini si ferma al 4,3%

Tuttavia, il risultato è drogato dall’alta astensione perché non è il massimo storico dei voti reali presi dal PD. Il PD di Veltroni, nonostante una percentuale più bassa e una sconfitta politica, prese più voti ovvero 13.000.000. Solo allora il PD risucchiò tutto quello che era alla sua sinistra adesso invece ha risucchiato dal centro e in parte, anche, dalla destra. La destra esce con le ossa rotte. I gruppi neofascisti non ce l’hanno fatta nemmeno a raccogliere le firme per presentare le liste. Casa Pound, Forza Nuova e Fiamma Tricolore non hanno esposto i loro simboli sulla scheda elettorale. Fratelli d’Italia cercando di ricostruire AN si ferma al 3,6% poco più di un milione di voti ma insufficienti per entrare nel parlamento europeo. A sfruttare l’assenza di liste di estrema destra è la Lega Nord. Il nuovo segretario Matteo Salvini ha fatto una campagna elettorale impostata sul “No Euro” e dal “via gli immigrati” e questa demagogia populista gli ha fruttato un 6,1% La Lega Nord pur non ritornando agli antichi fasti recupera voti reali rispetto alle ultime politiche. Chi crolla, come era ampiamente previsto, è Forza Italia. Il 16,8% è una pesante sconfitta. Purtroppo, nonostante la significativa flessione, dispiace costatare che ancora più di 4.600.000 persone votino per una forza politica che ha i suoi fondatori accusati se non già condannati per mafia.

Un’analisi particolare la merita il Movimento Cinque Stelle giudicato da tutti come lo sconfitto di queste elezioni. Il calo percentuale di più di quattro punti rispetto alle politiche dell’anno scorso accompagnate dalle aspettative annunciate, dal proprio leader, di un sorpasso nei confronti del PD fanno effettivamente vedere una sconfitta. In realtà il movimento del comico genovese che si attesta al 21,1% con 5.807.362 di voti reali si consolida secondo partito aumentando il distacco dal terzo. Passa, inoltre, da 0 a 17 eurodeputati. Quello che però ci preme sottolineare che in questa campagna elettorale il Movimento Cinque Stelle ha provato a caratterizzarsi di più come una forza di sinistra. Dalla difesa della costituzione alle battute pro Stalin contro la Germania; dall’invocazione dei tribunali popolari al richiamo ad Enrico Berlinguer; dalla questione morale al tradimento del PD dei valori del PCI; sono stati tutti temi di una campagna elettorale che hanno fatto percepire il Movimento Cinque Stelle orientato a sinistra e questo lo ha sicuramente penalizzato nei confronti dell’elettorato moderato. Se il PD renziano ricorda nei numeri la DC, in politica economica è sicuramente più liberista, Il M5S potrebbe ricordare nei numeri il vecchio PCI. In realtà questo è uno schema vero solo in parte perché tanti degli elettori del vecchio PCI continuano a votare PD fosse solo per abitudine, fede religiosa o dipendenza psicologica.

Poco più che testimonianza i voti di verdi 0,9% e Italia dei Valori 0,7% I primi non riescono a rientrare in gioco nonostante l’appeal europeo che di solito caratterizza le formazioni ecologiste. Per i secondi crediamo che il declino sia irreversibile.

In questo bailamme la Lista Un’altra Europa con Tsipras ottiene un importantissimo quanto faticosissimo risultato. Il 4%, superato a stento, vuol dire tre europarlamentari per la sinistra radicale. Dopo i fallimenti dell’Arcobaleno, della Federazione della Sinistra e soprattutto della Lista Ingroia sembra esserci un’inversione di tendenza. Tuttavia sono fuori luogo i facili trionfalismi di dirigenti che cercano solo scorciatoie per i loro tornaconti. E’ evidente che se la lista ha avuto un successo è perché gli screditati partiti della sinistra radicale sono stati costretti a fare un passo indietro. L’assenza dei comunisti italiani si è rivelata alla fine un vantaggio per la lista così come il fatto che gli esponenti di SEL e PRC non siano stati in prima fila nella campagna elettorale. Se ci divertiamo a comparare le percentuali che prende la Lista Tsipras alle Europee con quelli che SEL e PRC prendono assieme alle amministrative il saldo è a favore della lista di un più 2% La spiegazione è comprensibile nel rapporto con il PD e nella maggiore partecipazione di parte dei movimenti sociali all’esperimento Tsipras.

Nonostante questo ad urne chiuse tutte le contraddizioni della sinistra italiana sono riemerse. Il piccolo successo della Lista Tsipras e il grande successo del PD potrebbero, a breve, avere esiti fatali per SEL. Insomma le elezioni non solo hanno portato una marea di novità ma hanno messo in moto meccanismi che sono destinati a crearne di nuove a breve.

Il quadro Europeo sembra essere ancora più frizzante di quello italiano. Se si esclude la Germania dove la stabilita politica è figlia della stabilità economica. In quasi tutti i paesi d’Europa vengono penalizzati i partiti di governo a vantaggio di destre populiste e razziste specie in Francia e Austria ma, per fortuna, anche di vecchie nuove sinistre specie in Grecia e Spagna. I due principali gruppi europei: il popolare e il socialista sembrano essere costretti a collaborare per gestire la difficile fase che aspetta il vecchio continente. Ancora una volta sarà la BCE a farla da padrone e i governi dovranno eseguire le politiche di sacrificio limitandosi a decidere come declinarle. In questo clima pensiamo che possa emergere una nuova stagione di lotte sociali e di movimenti di massa che mettano in discussione non tanto la moneta europea ma il sistema economico europeo. Il problema non è tanto l’euro bensì il capitalismo.

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