Dopo la contestazione in Versiliana alcune riflessioni sull’adunata salviniana, le bandiere rosse e i processi.

Belavano così bene da fare invidia ad un gregge di pecore. Tra un selfie e un applauso quelle apprendiste veline e quelli apprendisti tronisti, hanno belato al loro pastore, quello che chiamano capitano. Chi si aspettava di vedere dentro la Versiliana soltanto dei razzisti e degli squadristi è rimasto deluso. Certo i razzisti col fazzoletto verde al collo c’erano, così come qualche loro amico camerata di Casa Pound ma c’era soprattutto quella parte di borghesia più reazionaria e putrida. Quella che nel capodanno del ’68 in Bussola, a pochi chilometri da lì, si prese i pomodori e le uova sui cappotti e le pellicce di visone. Quei padroni, magari i nonni o i padri, di quelli che oggi belavano al bullo leghista non esitarono a farsi difendere dai carabinieri e lasciare su di una sedia a rotelle un ragazzo di nome Ceccanti. Oggi le forze del loro ordine non hanno sparato, non serviva ma erano ancora lì a fare da polizia privata ai loro interessi. La selezione all’entrata ricordava quella di una discoteca e i poliziotti sembravano essere diventati dei buttafuori. A qualcuno è stato impedito l’accesso solo perché amico di qualcun’altro. Come dire non sei nella lista giusta.

Un noto esponente viareggino della Lega, prima in Forza Italia, ha postato la foto della loro adunata per mostrare che erano in tanti e ha scritto: “Se per questo voi è fascismo fatevi vedere da uno bravo!” Questa affermazione, magari giustificata anche da una certa narrazione antifascista che ha sempre cercato di stereotipizzare un fenomeno più complesso, coccia con la realtà dei fatti. Il fascismo, infatti, non fu solo lo squadrismo di quattro scalmanati, fu il consenso delle adunate di massa con il sostegno di un blocco sociale reazionario. Non sappiamo se quello di Salvini sia fascismo, ed è anche poco interessante una discussione terminologica, sappiamo, però, che svolge una funzione analoga e potrebbe divenire altrettanto pericoloso. Il Blocco Sociale che sostiene Salvini è lo stesso che sosteneva Berlusconi, Andreotti e parzialmente anche Renzi. E’ un blocco sociale che viene da lontano che si è arricchito con la guerra e con il dopo guerra. Vivono di rendite. Sono i proprietari di fabbrichette che sfruttano e inquinano, sono quelli che si sono appropriati delle cave e delle spiagge per farci stabilimenti balneari e rubare i beni comuni, sono una marea di evasori fiscali e sono anche tanti piccoli borghesi e proletari frustrati che si accodano a loro perché il blocco sociale alternativo si è scomposto per una serie di motivazioni che non analizzeremo in questo articolo.

Fortunatamente c’è chi resiste e lo diciamo senza alcuna retorica. Si tratta di una minoranza, perché di questo si tratta e bisogna dircelo per onestà ma soprattutto per una utile comprensione. Una minoranza che però è l’ultima speranza per poter disegnare un’altra idea di società. Quelle duecento e più persone che hanno urlato il loro dissenso sui viali a mare e i pochi altri che sono riusciti ad intrufolarsi e ad urlarlo nel muso alle pecore e ai caproni leghisti hanno scelto di rappresentarsi sotto una bandiera, quella rossa; poco importa se del partito comunista X, del partito comunista Y o del partito comunista Z, quello che conta è che non erano bandiere del PD o del M5S ma bandiere rosse. Qui andrebbero aperte diverse riflessioni: dal come mai poi non esiste una rappresentanza e del come mai l’unità dei comunisti è sempre rinviata ma anche questi temi non possono essere affrontati in questo articolo.

Non dobbiamo meravigliarci se per queste nostre critiche dovessimo essere chiamati a risponderne penalmente. Se così dovesse essere sarò solo l’ennesima conferma che la libertà di espressione in questo paese è morta.

Quello che, invece, ci preme sottolineare, adesso, è che esiste una “resistenza” che si sviluppa nei centri sociali, nelle feste popolari, nei luoghi dell’autorganizzazione e in quello che resta del movimento comunista. Questa resistenza, almeno per il momento, non è stata ancora piegata nemmeno dalla criminalizzazione e dalla repressione. Quello che chiamano decreto sicurezza bis ancora non è entrato in attuazione ma i procedimenti penali a scapito dei compagni e delle compagne che lottano sui posti di lavoro o per il diritto all’abitare in questi anni sono stati alquanto numerosi. La magistratura, al di là delle falsa narrazione delle toghe rosse, distrugge uomini come Mimmo Lucano, arresta donne che salvano uomini in mare e viola le su stesse leggi. Quanto è accaduto in procura a Lucca ha dell’incredibile. Perone assolte in formula piena per avere contestato, come del resto avviene in tutta Italia, Matteo Salvini nel maggio 2015 a Viareggio; si vedono nuovamente indagate con capi di imputazione diversi ma sempre pretestuosi. L’articolo 649 del codice di procedura penale afferma che una persona non può essere processata due volte per lo stesso fatto anche se cambia il capo di imputazione ma evidentemente questo al pubblico ministero Antonio Mariotti deve essere sfuggito. Come è sfuggito che l’artiolo 150 del codice penale afferma che la morte estingue il reato, perché tra gli indagati risulta essere ancora una compagna deceduta addirittura prima dell’inizio dello scorso processo. Non sappiamo se ci sia più da ridere o da piangere. Noi siamo quelli che sostengono che legalità e giustizia non siano sinonimi. Quando si sgombera una casa e si manda in mezzo alla strada una mamma con bimbi di 3 anni e 18 mesi e la si mette sotto sequestro e dopo anni è ancora in quello stato è la legalità senza giustizia che uccide il buonsenso. Oggi però nella vicenda delle nuove indagini a chi contestò Salvini non rimane nemmeno la vuota legalità. Nemmeno a quella si possono attaccare visti gli articoli del codice penale e del codice di procedura penale che sono palesemente in contraddizione con questa azione penale. L’obbiettivo forse era fare un favore ai nuovi potenti, o a quelli che si credono tali, e intimorire chi contestò. La seconda parte dell’obbiettivo è miseramente fallita e lo si è visto in Versiliana dove la maggioranza degli indagati era al proprio posto con tanto di striscione “Salvini vieni fuori adesso te lo facciamo noi un bel processo!” Il capitano che scappa dai processi nascondendosi dietro l’immunità parlamentare pretende di criminalizzare e reprimere chi costruisce a lui, e al suo clan, l’opposizione sociale. Salvini, nella migliore tradizione berlusconiana, istiga i suoi fans ad attaccare la magistratura. Alcuni di questi arrivarono ad invitare a lanciare i sassi al giudice che aveva emesso la sentenza di assoluzione per i contestatori ma di quell’indagine non sappiamo ancora niente. 

I tempi che ci aspettano saranno complessi e vedranno il conflitto sociale e lo scontro politico su più campi solo attrezzandosi e costruendo alleanze solide si potrà dare più forza alla nuova resistenza di cui il paese ha bisogno. Ieri alla Versiliana è stata scritta solo un’altra piccola ma importante pagina. A Massa in un corteo con un quasi un migliaio di persone ne hanno scritta un’altra ancora. In tutta Italia c’è chi resiste. E chi resiste ancora una volta ha scelto il drappo rosso.

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