Le responsabilità del governo di centrodestra e in particolar modo del ministro dell’interno Claudio Scajola e del vicepresidente del consiglio Gianfranco Fini, per quanto accaduto a Genova nelle tre giornate del G8, sono palesi. Il leader di Alleanza Nazionale che poi tradirà la destra per calcoli opportunistici, in quel momento mostrò tutto quell’autoritarismo tipico di chi viene dal post fascismo del MSI. Nelle caserme era a dare ordini di squadrismo e repressione. Quando anni dopo giunse a Viareggio, dove fu duramente contestato, venne salutato dal coro “assassino assassino.” L’uomo della destra presentabile, l’erede del doppiopetto del fucilatore di partigiani Giorgio Almirante, ha di sicuro le mani sporche del sangue versato a Genova. Tuttavia saremmo ingenui se pensassimo che quella repressione fosse stata organizzata da questo o quel politico. Il 17 marzo, con un governo di colore diverso che vedeva alla presidenza del consiglio il “socialista” Giuliano Amato e ministro dell’interno il “cattolico democratico” Enzo Bianco, a Napoli in occasione del vertice OCSE ci fu una vera e propria mattanza da parte delle forze di polizia. Per la prima volta anche la guardia di finanza si distinse per violenti pestaggi. Erano le prove generali di quello che sarebbe accaduto a luglio a Genova. Prove generali che dalla piazza si estesero anche al carcere dove molte persone subirono violenze fisiche e psicologiche. Alcune ragazze furono costrette a farsi la pipì addosso. Diversi dimostranti feriti vennero prelevati, di forza, dagli ospedali dove erano giunti dopo le cariche della polizia e condotti nella Caserma Raniero dove subirono vessazioni da parte degli agenti. Dieci tra funzionari e agenti di polizia furono poi condannati in primo grado per avere commesso abusi contro i manifestanti ma poi la scamparono con la prescrizione dei reati. Appare evidente che queste erano le prove generali. E se all’esaltato che indossa la divisa e che sfoga la sua frustrazione può anche piacere inneggiare a Pinochet o fare il saluto romano è del tutto inessenziale per chi comanda. Centrodestra e centrosinistra da anni avvallavano le stesso politiche economiche e sociali e avvallavano le stesse politiche di guerra internazionale e anche di repressione. Fu il ministro “comunista” Diliberto, del resto, a dare maggiore poteri ai GOM (Gruppo Operativo Mobile) nelle carceri. Spostandosi di latitudine le cose, però, non sembravano molto diverse. Il 15 giugno a Goteborg, nella civilissima e progressista Svezia, in occasione di manifestazioni contro il vertice UE ci furono seicento fermi e cinquanta feriti. La polizia sparò e tre manifestanti rimasero colpiti dai proiettili. La repressione, insomma, attraversava i confini nazionali e veniva usata dai governi di tutti i colori. La strategia della repressione come fronte interno di guerra si sviluppava in tutti i paesi occidentali mentre gli USA preparavano le strategie di guerra infinita per reprimere i popoli che rappresentavano un ostacolo al loro dominio. Guerra e repressione saranno due facce della stessa medaglia. Dalla Palestina all’Argentina, dai Balcani all’Iraq con nel mezzo tantissime città del pianeta vedevano versare sangue. Il potere mostrava il suo volto più brutale e pianificava il tutto anche in quei vertici che il movimento giustamente contestava.
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