Quando su qualche social appare un post su Carlo Giuliani, i luoghi comuni e i discorsi a sproposito tra i commenti non scarseggiano. Si va dal presuntuoso pedagogista che si sente di fare la morale ai genitori di Carlo, al fatalista che se ne esce con la banalissima “se l’è cercata.” Ma si può trovare anche cose più cattive e infami come: “una zecca di meno.” che scaturiscono, non solo dall’ignoranza, ma dalla frustrazione di chi vive vite mediocri e le sfoga sui social network. Al tempo del G8 di Genova, i social non esistevano e, le stupidaggini si dicevano nei bar ma prima di aprire bocca qualcuno ci pensava sempre qualche attimo. Oggi tutti possono dire e sentenziare. Su Carlo Giuliani sono state dette le peggio cose. E’ stato, pure, detto che era un delinquente. E stato detto anche da politici che hanno delle fedine penali che nemmeno con cento Carlo Giuliani si eguaglierebbero. La vita di un ragazzo di ventitré anni viene giudicata per pochi secondi, quelli dell’estintore in mano. Che cosa sono ventitré anni? Contano solo quei pochi secondi. Quei secondi che per questa società ipocrita e moralista trasformano attraverso la morte un ragazzo qualsiasi in un assassino con l’estintore. Poco importa se lui è l’assassinato. Lui poteva uccidere e quindi è un assassino. Non ci interessa qui mostrare che con un estintore dal basso verso l’alto non poteva uccidere nessuno. Questo lo hanno mostrato le perizie. A noi interessa sottolineare che Carlo Giuliani prima di tutto era un ragazzo. E, infatti, ancor prima che qualcuno conoscesse il suo nome, quando il suo corpo giaceva già al suolo, scrisse al posto di Piazza Alimonda, Piazza Ragazzo. Solo dopo divenne Piazza Carlo Giuliani Ragazzo. Ai professionisti dell’informazione italiana, che fossero dei degenerati come Emilio Fede o degli esperti del leccaculismo alla Bruno Vespa, questo non interessava. Doveva essere identificato come un balordo, poco conta che si fosse diplomato al liceo scientifico, che si fosse scritto alla facoltà di storia, che avesse realizzato un video dove leggeva lettere dei partigiani condannati a morte, che avesse adottato un bambino a distanza, che avesse fatto il servizio civile presso Amnesty International, che fosse stato iscritto ai Giovani Comunisti o che era diventato volontario dell’ANLAIDS. Tutta una vita non conta e scompare perché deve contare solo quella giornata di quella manifestazione. Ma almeno fosse così. La realtà che i media hanno disegnato è ancora più subdola e ipocrita, perché se si volesse vedere l’intera manifestazione allora forse si capirebbe anche il gesto di un ragazzo con l’estintore in mano. Era tutto il giorno che polizia e carabinieri sparavano gas lacrimogeni e massacravano con i manganelli la gente in terra inerme. Ma se volessimo restringere ancore il campo agli ultimi quindici minuti. Si vedrebbero i blindati delle forze di polizia, sparati a tutta velocità contro la folla, cercare di investire le persone. Ecco in quel contesto nasce la resistenza di Carlo Giuliani e sul termine resistenza dovrebbe esserci accordo tra tutti, visto che se fosse sopravvissuto resistenza a pubblico ufficiale sarebbe stato uno dei capi di imputazione che avrebbe preso. Si resistenza a delle “forze dell’ordine” che come dimostreranno le sentenze di condanna europee stavano violando la costituzione e i trattati internazionali sui diritti umani. L’estintore è, quindi, solo il penultimo atto della vita di un ragazzo genovese che aveva già sentito della resistenza dei portuali nel lontano 1960 alla prepotenza del fascismo. Carlo Giuliani ha la colpa di avere difeso il corteo e lo ha fatto con i mezzi che aveva. Non poteva farlo certo con i fiori delle aiuole di piazza Alimonda. Lo ha fatto con un estintore chissà se fosse stato un ragazzo in piazza nel ‘77 come lo avrebbe difeso? Ma quella sarebbe stata un’altra storia perché Carlo Giuliani nel 1977 non era ancora nato. Eppure la polizia italiana di sangue ne aveva già versato nel corso degli anni prima che Carlo venisse al mondo. Carlo Giuliani, come altri manifestanti, ha difeso il corteo dalle cariche violente e criminali di uomini in divisa che in quei giorni agirono fuori dai dettati costituzionali e quindi nell’illegalità. Carlo fino all’ultimo è rimasto davanti e per questo merita gli onori delle compagne e dei compagni. Qualcuno lo ha chiamato partigiano del ventunesimo secolo e in un certo senso lo è stato davvero perché Carlo non solo difese quel corteo ma le ragioni stesse di quel movimento che si stavano opponendo al dominio globale del capitale. Chi vede solo l’estintore è perché guarda il dito e non la luna. E che luna era quella. Una luna aliena fatta di personaggi come Bush e Blair, pronti a mentire e a fare guerre in tutto il pianeta. Di personaggi come Chirac, che sperimentava bombe atomiche nell’oceano indiano. Di uomini come Berlusconi dalle mille inchieste di illeciti, mafia, affari sporchi fino al sesso con le minorenni. Per concludere con Putin, il dittatore, anni dopo allontanato dal club dagli altri sette. Ancora, oggi, in tanti continuano a guardare il dito e non la luna. Ognuno è libero di fare quello che vuole ma non si lamentino se dopo qualcuno chiama loro, servi o utili idioti.
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