La fine del pianeta delle scimmie. Nella “guerra” tra scimpanzé e gorilla c’è lo zampino della scimmia umana che causa il riscaldamento climatico.

«Illustrissimo signor presidente, nobili gorilla, sapienti orangutan, arguti scimpanzé, scimmie tutte! Permettete che un uomo si rivolga a voi. So che il mio aspetto è grottesco, la mia forma ributtante, il mio profilo bestiale, infetto il mio odore e ripugnante il colore della mia pelle»

cit.

Tutti abbiamo in mente le immagini della saga del Pianeta della Scimmie. Il romanzo scritto da Pierre Boulle nel 1963 dal quale sono derivati ben nove film, due serie televisive e numerosi libri, fumetti e videogiochi. In quella saga si descriveva un mondo dove l’essere umano era regredito e le scimmie antropomorfe (scimpanzé, gorilla e orangutan) si erano evoluta. Nel 1968, non un anno qualsiasi, uscì il primo film intitolato proprio “Il pianeta delle scimmie.” La pellicola, diretta da Franklin J. Schaffner che vide come attore protagonista Charlton Heston, fu un successo da tutti i punti di vista compreso quelli della critica. L’opera denunciava le storture del potere della nostra società. Le scimmie antropomorfe stavano costruendo un’altra società cercando di non ripetere gli errori della società umana ma sembravano non riuscirci. Uno dei comandamenti di quella società era “La Scimmia non uccide la scimmia.” Al di là del fatto che nel corso dei decenni etologi, zoologi e antropologi avevano già notato che le scimmie antropomorfe alle volte uccidono scimmie più piccole per nutrirsene. Negli ultimi giorni è emersa una notizia più significativa. Alcuni scimpanzé, ovvero la specie con il DNA più simile al nostro, ha ucciso dei Gorilla. La notizia non è una fake news perché è stata confermata dagli studiosi in loco dopo che numerose testate internazionali ne avevano parlato. I possenti Gorilla sarebbero stati uccisi da un gruppo di scimpanzè. Una ricerca del 2014 ci diceva, però, ancora di più, ovvero, che gli scimpanzé possono arrivare ad uccidersi tra loro. Qualcuno potrebbe, giustamente far notare che molti animali uccidono i loro simili. Questo, tuttavia, quasi sempre avviene per istinto o per un combattimento improvviso tra due appartenenti della stessa specie. Invece in questo caso emergono premeditazioni, concorsi e moventi sofisticati. Crolla il mito dell’uomo unico essere in grado di premeditare un omicidio ma con esso crolla anche il mito del pianeta delle scimmie. L’idealismo purtroppo porta spesso erroneamente a vedere homo sapiens, questa scimmia glabra a cui apparteniamo, nettamente separato dalla natura, con quest’ultima buona e noi come cattivi mostri. La realtà è assai più complessa e sta dietro a milioni di anni di evoluzione. Siamo lontani dalle storielle di frutti mangiati per disobbedire ad un creatore che per punizione poi mise la natura contro l’uomo, (peccato originale). E’ la lotta per la sopravvivenza che determina scelte e comportamenti che a loro volta incidono sulle linee evolutive. Il fiume Congo, il secondo al mondo per portate di acque, non divide in due non solo l’Africa Equatoriale ma due popolazioni di scimmie il pan troglodytes noto come scimpanzé comune e il pan paniscus noto anche come bonobo o scimpanzé pigmeo. Il primo è carnivoro e patriarcale il secondo è vegetariano e vive in una società matriarcale che ha fatto del poliamore il suo modello di società. Questi differenti comportamenti, non sembrano essere tanto influenzati dall’evoluzione biologica e fisica ma da una differenziazione culturale. La cultura di una specie è essa stessa parte della natura ma solo uno sciocco la analizzerebbe da un punto di vista etico morale. Nessun giudice, oggi, si sentirebbe di condannare un uomo di seicentomila anni fa che in una caverna avesse compiuto un omicidio. Ma tutti quelli che vogliono comprendere le potenzialità della specie si interrogheranno se le strade percorse fossero le uniche possibili. E’ molto probabile che un pan troglodytes allevato dai Bonobo seguirebbe la cultura di questi ultimi e probabilmente potrebbe essere, anche, vero il contrario.

Ad un certo punto della scala evolutiva gli istinti sembrano lasciare spazio a comportamenti appresi e tramandati. Naturalmente questi comportamenti sono risposte alle domande evolutive che l’ambiente mette di fronte ad ogni specie. Insomma i nostri “cugini” più prossimi sembrano trovarsi ad affrontare, in questa loro lunga preistoria, strade che la nostra specie ha già affrontato. Il dottor José Maria Gomez del dipartimento di Ecologia dell’università di Granada e la sua equipe con uno studio approfondito hanno cercato di dimostrare come la violenza nell’essere umano sia figlia delle sue origini e le notizie di oggi degli scimpanzé assassini sembrano, quindi, solo confermarcelo. Gli animali che vivono in gruppo e hanno un territorio da difendere sembrano più propensi a scontrarsi con i propri simili. Lo studio del 2016 prese in esame dati su oltre 4 milioni di morti, arrivando a quantificare il livello di violenza in 1.024 specie di mammiferi di 137 famiglie (tra cui topi, cavalli, pipistrelli, conigli e scimmie), mentre per l’uomo hanno ricavato i dati da 600 studi e campioni dall’era Paleolitica all’Età del ferro, da 50.000 anni fa a oggi. I risultati sono signifciativi. Si parte dallo 0,30% dei mammiferi delle origini, per poi aumentare all’1,1% con gli antenati di primati, roditori e lepri, al 2,3% dei comuni avi di primati e toporagni, e calare all’1,8% con gli antenati delle grandi scimmie antropomorfe. La violenza aumentava man mano che i gruppi vivevano vicini, condividendo lo stesso territorio e lottando per le risorse.

Il livello di violenza umana alle origini si stima fosse sul 2% (simile a quello delle scimmie e dei primi uomini), circa 6 volte maggiore di quello dei mammiferi, per poi aumentare al 15-30% nei campioni che risalgono all’epoca compresa fra 3.000 e 500 anni fa, e tornare a calare nell’epoca contemporanea fino a oggi, dove è dello 0,01%. Viviamo in una delle società meno violente della storia, Il tasso di violenza tra uomini è cambiato principalmente in concomitanza con i cambiamenti socio-politici. Il che suggerisce, conclude lo studio, che la cultura e la società possano modificare la naturale tendenza umana alla violenza. L’Illuminismo ma anche le rivoluzioni contemporanee hanno reso l’essere umano meno brutale di quanto fosse nei secoli precedenti.

Tuttavia, con la notizia degli scimpanzé che uccidono i gorilla, non vogliamo minimamente attenuare le responsabilità della nostra specie. Anzi, in quelli omicidi sembra che l’essere umano abbia una sua indiretta responsabilità, infatti i cambiamenti climatici sembrano far diminuire le risorse di cibo. All’origine dell’aggressione e degli omicidi ci sarebbe la scarsità di frutti. Le due specie, prima del 2019, non solo vivevano fianco a fianco ma erano state, anche, viste nutrirsi e giocare assieme. La riduzione delle risorse alimentari sembra quindi essere alla base del cambiamento relazionale tra le due specie. Più dell’aggressività innata o della violenza culturale di una specie è il riscaldamento globale frutto di un sistema capitalistico assetato di profitto come un vampiro del sangue che rischia di mettere fine al pianeta delle scimmie.

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