L’intensa lotta dei familiari della strage di Viareggio, accompagnata in questi 14 anni e mezzo, dai ferovieri e dalla maggior parte della città, di sicuro quella sana che non fa calcoli politici, ha costretto la magistratura italiana a riconoscere la colpevolezza dei notabili coinvolti nella strage ferroviaria del 29 giugno 2009.
Colpevoli si ma ancora senza condanne. Per lo meno il più noto e protetto di tutti, quel Mauro Moretti, tanto caro all’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che lo nominò cavaliere del lavoro e all’ex ministro Graziano Delrio che lo difese pubblicamente dopo la condanna in appello. Ed è proprio in corte d’appello che dovranno tornare Mauro Moretti e altri imputati perché sia definita con precisione la loro condanna. In questo continuo rimpallo non sta solo la lentezza della giustizia italiana ma l’incapacità di condannare uomini potenti. “La giustizia è uguale per tutti.” E’ una frase vuota, un mero slogan per far apparire democratico lo stato di diritto italiano. Abbiamo scritto, più volte, che legalità e giustizia non sono sinonimi. Abbiamo affermato, più volte, che i dominanti e i subalterni non sono giudicati allo stesso modo da una giustizia di classe.
Dopo quasi 15 anni e ben 7 processi non c’è ancora la parola fine. Il milionario Mauro Moretti non farà un giorno di carcere, nonostante i giudici siano stati costretti a far coincidere per una volta la verità giudiziaria con quella storica. Mauro Moretti è colpevole della morte di 32 persone ma riuscirà a farla franca grazie a prescrizioni, età avanzata e rimpalli da un tribubale ad un altro.
L’unica condanna certa è l’ergastolo del dolore che accompagna i familiari della strage. Persone, queste, che meritano il massimo rispetto e a cui tutti dobbiamo essere grati per il loro esempio nel condurre la lotta. Sappiamo che continueranno a battersi per avere giustizia e per fare in modo che stragi simili non si verifichino mai più. La verità è emersa la giustizia è ancora lontana.