Il presidente provinciale dell’ANPI di Lucca, Filippo Antonini, ricorda l’orribile pagina della marcia su Roma.

“Il 28 Ottobre del 1922 inizia la lunga “marcia” del Fascismo dentro le istituzioni, rendendo “leggendaria” una sorta di insurrezione che era in realtà il terminale di violenze diffuse, in un paese che viveva una crisi pesantissima, che le conseguenze della Prima Guerra Mondiale a Lucca come nel resto  d’Italia avevano acuito, sia per il difficile reinserimento dei reduci, che sul piano economico, dove,  di fronte ad una alta  inflazione ed un altissimo debito pubblico, vedeva il crollo dei salari ed una enorme disoccupazione post-bellica.
Il tentativo di difendere salari e posti di lavoro, le pressanti richieste di collettivizzazione delle terre agricole ed il tentativo di guadagnarsi diritti fondamentali, provocarono forti tensioni politiche e sociali e accese rivendicazioni
Mussolini, prendendo spunto dalla “Vittoria mutilata”, riuscì a catalizzare frange di interventisti, reduci e nazionalisti, che rappresenteranno il primo sub-strato dello squadrismo fascista ed in nome di un nazionalismo populista e di un concetto di “ordine” più rispondente agli interessi di chi, questa situazione, aveva contribuito a creare o a reiterare, utilizzò  la violenza come strumento “ideale” e  risolutivo nei confronti di chi protestava, con la  complicità o l’acquiescenza delle forze dell’ordine, rivolgendola soprattutto verso  case del popolo, camere del lavoro, cooperative, leghe contadine, sezioni socialiste, circoli culturali, sindacati operai, circoli ricreativi operai, e tutti coloro che comunque osavano ribellarsi.
Sulla mitizzazione di quella giornata, il regime costruirà, attraverso il culto della personalità del capo, la cancellazione della dignità personale trasformata in una sorta di pedagogia di massa riassunta nella tristemente nota triade “Credere-Obbedire-Combattere”.
Lo stesso regime colpevole di un crudele ed aggressivo colonialismo, delle leggi razziali, della convinta alleanza con il nazismo e con la riduzione del paese in condizioni economiche e sociali devastanti come ben testimoniato dal primo censimento, dopo la guerra, effettuato nel 1951.
E’ importante dunque contrastare chi, perfino nelle istituzioni, in un clima di revisionismo storico, tende non solo a minimizzare ma addirittura a negare cosa  sia realmente stato  il regime fascista e da cosa e perché sia nato, rafforzando l’impegno per la conoscenza storica e per il rispetto e l’applicazione della Costituzione che nella negazione del fascismo ha il suo fondamento e nei suoi principi fondamentali gli antidoti per impedirne il risorgere.

Filippo Antonini presidente provinciale ANPI Lucca

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