Lo scorso 18 Aprile la Corte per i diritti umani di Strasburgo ha dichiarato irricevibile il ricorso presentato da Maria Ciuffi per la morte del figlio Marcello Lonzi, avvenuta l’11 luglio 2003 nel carcere di Livorno “Le Sughere”. Insomma anche per la giustizia europea quella di Marcello fu una morte avvenuta per un malore, per un arresto cardiaco. Le foto del corpo martoriato di Marcello però raccontano un’altra storia, su cui nemmeno la Corte di Strasburgo ha avuto la volontà di far luce, continuando così la vergogna della giustizia nostrana. Tutto ciò non ci stupisce anche se fa crescere la rabbia: Maria Ciuffi nella sua lotta per ottenere la verità sulla morte del figlio, lunga nove anni, è stata una delle prime madri che ha tentato di squarciare la zona d’ombra che circonda le carceri italiane, a cui purtroppo ma inevitabilmente negli anni se ne sono aggiunte tante altre. Nelle carceri italiane infatti si continua ogni anno a morire per suicidio, per malattia e a seguito di pestaggi. Dall’inizio dell’anno sono già 76 le morti avvenute nei penitenziari, dal 2000 sono 2006 le persone che hanno perso la vita dietro le sbarre.
Le morti in carcere rappresentano però la manifestazione più drammatica di una situazione ormai giunta al collasso: sovraffollamento, condizioni igienico-sanitarie disastrose, strutture fatiscenti sono una realtà costante su tutto il territorio nazionale. Tutto ciò è conseguenza delle politiche sempre più repressive e liberticide che i vari governi hanno portato avanti negli ultimi vent’anni (in particolare per quanto riguarda l’immigrazione e l’uso di sostanze stupefacenti), che hanno dato vita ad un modello di gestione della sfera sociale incentrato sulla carcerizzazione di massa. In questo senso lottare contro le morti in carcere a nostro avviso deve significare invertire questa tendenza radicalmente, partendo dall’abrogazione di leggi come la Bossi-Fini e sull’immigrazione e la Fini-Giovanardi sulle droghe. Anche se nessun tribunale emetterà mai una sentenza sul caso di Marcello, come su quello di tanti altri, tutti noi sappiamo qual è la verità: il nostro compito è far sì che nessuna mamma debba più piangere un figlio ucciso mentre si trovava nelle mani dello stato come è successo a Maria Ciuffi e cosi come è successo a Cira Antignano che si è vista riconsegnare, dallo stato francese, il corpo di suo figlio Daniele Franceschi privo degli organi interni,
In tempi di crisi generale gli stati d’Europa continuano a inseguire politiche di profitto per i padroni e repressione per tutti gli altri. A tutto questo possiamo e vogliamo opporci costruendo lotte e solidarietà.
Coordinamento Anticapitalista Versiliese (CAV)
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