La rabbia del Varignano interroga tutta la sinistra?

Le scene che si sono viste nella città di Viareggio, mercoledì 22 gennaio, sembrano scene di una metropoli. Non sono però una cosa innaturale ma il risultato di contraddizioni socio – economiche alimentate da tempo che chiamano in causa chi ha amministrato questa città per decenni. E’ stato uno sgombero di una casa dell’ERP a far scattare la miccia della rabbia. Non è la prima volta e non sarà l’ultima che il Varignano esterna le sue frustrazioni accumulate in anni di saccheggio da parte di politicanti famelici. Siamo andati a vedere per capire, per non bersi la notizia come la daranno i media omologati ma per sentire la voce di questa gente. Le prime cose che ci hanno detto: “dove sono i comunisti che ci aiutavano?” La domanda suona come un atto di accusa e non salva nessuno: da chi governa, a chi sta nei movimenti sociali di protesta, a chi studia nuove teorie. Sotto accusa finisce ancora la sinistra capace di litigare tra di loro, di scindersi in mille circoli, dividersi in mille rivoli ma incapace di ascoltare la voce di un segmento di classe che non ha rappresentanza. Ed è in questo vuoto che potrebbero attecchire magari una destra xenofoba e razzista ,che potrebbe avere gioco facile con frasi tanto in voga come “prima la casa agli Italiani”, o peggio ancora la criminalità organizzata che in città come ci confermano numerose inchieste ha messo piede da tempo. La domanda “Dove sono i comunisti?” Non è la prima volta che viene formulata in città era già avvenuto al tempo del presidio dei forconi alla rotonda del Varignano. E’ una domanda che potrebbe apparire anche strumentale, che sicuramente è formulata in modo confuso. Del resto le persone che abbiamo incontrato, la sera, davanti al municipio, dopo che nel pomeriggio s’erano scontrate con la polizia, sono politicamente confuse. Più che parlato, eravamo in difficoltà nell’usare il linguaggio appropriato e la responsabilità è solo nostra, abbiamo ascoltato. E abbiamo udito un ragazzo che ci diceva: “ospitateci al Cantiere Sociale tanto l’INAPLI dovrà divenire un luogo di case per la gente del Varignano.” Abbiamo sentito un altro dirci: “Io ho lavorato alla festa dei Partigiani in pineta quest’estate mi avrebbe fatto piacere vederne qualcuno con noi adesso”. Si tratta, come abbiamo detto, di frasi confuse. E’ evidente che il Cantiere Sociale non può assumersi responsabilità di ospitare persone all’interno del suo spazio ed è altrettanto evidente che i compagni di Partigiani Sempre, come quelli di qualsiasi altra organizzazione, non possono inseguire il primo accenno di riot tuttavia ci dicono che questa gente non è gente di destra e andando avanti nella conversazione ci appare palese come questi siano stati usati come serbatoio di voti per anni dalla sinistra istituzionale. Un ragazzo dice: “mi hanno dato 25 euro e un pacco regalo di Natale l’anno scorso per fare la campagna elettorale per il PD ma con il cazzo che adesso lo rifarei.” In questa affermazione, al di là del lecito o illecito, emerge tutto il clientelismo e l’assistenzialismo di cui la sinistra viareggina è stata artefice. Ex socialisti, ex comunisti, ex pidiessini hanno tollerato per anni, se non addirittura sostenuto, che queste persone stessero abusivamente in case ERP in cambio di pacchi di voti. In tempi di vacche grasse ce n’è per tutti ma in tempi di vacche magre qualcuno deve tirare la cinghia. Non tutti certo. Le lobby del mattone possono stare tranquille. A tirare la cinghia deve essere quella che una volta veniva chiamata la gente dei quartieri e che nonostante anni di scomposizione di classe e politiche liberiste esiste ancora. Magari può non piacerci perché parla linguaggi diversi dai nostri ma è maledettamente reale più dei tanti che giocano a fare i “Che Guevara” e poi fanno l’aperitivo nel Bar alternativo di Viareggio. Si perché la domanda: “Dove sono i comunisti?” Non chiama in causa solo i partiti della sinistra istituzionale PRC, PdCI o SEL ormai tutti comprati con un assessorato o con un posto in una municipalizzata. E non riguarda solo i gruppetti iper – ideologizzati che si isolano nel loro settarismo e vivono nell’ossessione di di una purezza antiscientifica. Chiama in causa, anche, tutti quelli che vogliono fare politiche sociali di movimento e che si trovano impreparati a questa nuova sfida magari scavalcati sul piano della conflittualità sociale. Entra in gioco qui il rapporto dialettico tra i movimenti e la direzione degli stessi o quantomeno la capacità di indirizzarli. Vanno evitate fughe in avanti tipiche di chi cade nel movimentismo fine a se stesso e alla fine si accoda ma va evitato, ancora di più, quello snobismo, marchio ereditato, da tutte le sinistre che può portare alla solita presunzione di avere la verità in tasca e non ascoltare chi la crisi la vive sulla propria pelle. Bisogna parlare con questi soggetti. Perché si parla con chi è diverso da noi. Troppo facile parlare solo con chi la pensa come noi. Bisogna parlarci e bisogna dire con chiarezza che occupare una casa popolare già assegnata è sbagliato perché rischia di alimentare la guerra tra poveri, molto meglio occupare una casa di un palazzinaro vedi Finedil. Bisogna però anche dire che proprio sgomberando famiglie che da decenni, ormai, abitano in queste case significa sparare il primo colpo di cannone di questa guerra tra poveri. Betti e i suoi assessori, uno l’ha già perso per strada, hanno più volte detto che andava ripristinata le legalità e che se c’è gente senza casa era perché queste erano occupate da altri. Al di là del fatto che il sindaco Betti, forse spaventato dal clima non troppo sereno, ha fatto una mezza marcia indietro precisando che gli sgomberi sono stai eseguiti non da lui ma dalla Procura della Repubblica. Risiamo allo scaricabarile e al balletto, tipico del politico che non sa assumersi responsabilità, del resto il sindaco ci ha abituato a questo. In campagna elettorale promise il blocco degli sfratti ad oggi non solo questo blocco non c’è stato ma non è stato in grado nemmeno di fare uscire la graduatoria dell’emergenza abitativa. Si tratta di un grande flop su tutta la politica del sociale della giunta; se no non si spiegherebbe come mai il suo assessore al sociale, Roberto Rossetti, si sia dimesso dopo appena sei mesi. Ma entrando nel merito della questione le case sgomberate non sono state riassegnate ma sono state murate. Quindi appare evidente che il leitmotiv “non possiamo assegnare case perché sono occupate” è solo una banale scusa di una politica di palazzo totalmente incapace di dare risposte ai problemi della città. Un paio di parole vanno spese anche sulla Procura della Repubblica. La magistratura da anni copre i vuoti della politica con vere e proprio ingerenze di campo. La prima cosa da chiederci come mai i magistrati hanno impiegato quasi vent’anni per intervenire? Dove erano prima? La seconda cosa che ci preme sottolineare è il comportamento “schizofrenico” di certi magistrati che da una parte sgomberano famiglie con figli e dall’altra assegnano arresti domiciliari ad un pregiudicato in servizi igienici occupati dalla moglie. Quanto avvenuto all’ex INAPLI e denunciato dai rappresentanti del Cantiere Sociale ha dell’incredibile ma ci conferma che si usano pesi e misure e diverse. Nessuna fiducia quindi può essere riversata nella giustizia, come del resto nelle altre istituzioni, sempre più lontane dai cittadini. L’immagine di un consiglio comunale blindato e di una città militarizzata sono la conferma di come si stia preparando un altro clima di criminalizzazione e repressione. Lo abbiamo visto, del resto, giorni fa a Firenze, nella città di Renzi, la polizia ha manganellato con violenza inaudita chi lotta per casa e dignità. Le sfide quindi per i movimenti che vogliono ricomporre la classe sono molteplici: esprimere concretamente solidarietà a chi è colpito dalla repressione ma soprattutto riconnettere assieme le lotte sociali. A Viareggio, dove in una settimana, la Brigata Sociale Antisfatto,assieme all’Unione Inquilini, ha respinto quattro sfratti occorre fare un salto di qualità e il salto di qualità richiede un maggiore intervento sociale e politico che richiede non solo che si aggiorni la cassetta degli attrezzi ma che si faccia, tutti, un bagno di umiltà. Non ci servono avanguardisti sconnessi dal contesto sociale ma soggetti reali che si calino nelle lotte e che dalla pratica ci portino elementi di elaborazione, magari, in grado di creare delle avanguardie ma sempre espressione del movimento reale. Per questi motivi il gesto teppistico compiuto ai danni dell’assessora Isaliana Lazzerini, il taglio delle gomme della sua auto, deve essere stigmatizzato in quanto non solo non ha niente di politico ma rischia di essere strumentalizzato da chi non vuole che siano mosse critiche politiche all’amministrazione comunale.

I litigi continui tra i vari gruppetti della sinistra o tra i partiti e loro sezioni giovanili hanno troppo spesso sconfinato in battibecchi personalistici che non hanno niente di politico. Il confronto deve ripartire dalla città e per noi parte dalla città che si autorganizza non da quella che fa conventicole. Lo scontro può essere anche aspro ma deve essere sui contenuti non sui cazzi personali. O sapremo adeguarsi o saremo spazzati via perché le rivolte e le rivoluzioni, che presto saranno all’ordine del giorno in Europa, non è detto che siano guidate da noi e se non sapremo essere nella giusta rotta potrebbero essere anche contro di noi. Umiltà serve umiltà in questa nuova fase molto difficile di ricomposizione di classe.

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