Una strana notifica di richiesta di proroga di indagini con anni di ritardo, quando le posizioni sono state già archiviate. Sciatteria o cos’altro?

“Nella seconda meta di febbraio, i carabinieri hanno notificato, a me e ad altre sette persone, una richiesta di proroga delle indagini da parte del PM Antonio Mariotti per una serie di presunti reati riguardanti la contestazione a Matteo Salvini del maggio 2015. Mi sono subito accorto che c’erano diverse cose che non tornavano: tra queste le date ma soprattutto il fatto che due di queste persone fossero già a processo. Appena i miei legali hanno visionato i fascicoli mi hanno confermato quello che già sapevamo, cioè che per me altri quattro l’indagine era archiviata dal 2019. Praticamente con circa due anni di ritardo ci è arrivata una notifica di richiesta di proroga delle indagini che non c’era arrivata quando invece avrebbe dovuto. Mi chiedo come mai avvengono queste cose bizzarre? E’ Semplice sciatteria o è l’ennesima strafottenza di un potere giudiziario ormai lontanissimo dalla legalità? Esistono dei PM che fanno e disfanno a loro piacimento anche perché in questo paese non esiste una vera responsabilità civile e penale del magistrato.

Vorrei ricordare che per la contestazione a Matteo Salvini, ventisette persone hanno rifiutato i decreti penali di condanna, hanno affrontato un processo e sono state tutte assolte. Il PM avrebbe potuto fare ricorso in appello ma non lo fece. A tempo abbondantemente scaduto decise, probabilmente, influenzato dal pressante clima politico creato dai leghisti, di avviare nuove indagini fregandosene dell’articolo 649 del codice di procedura penale e del principio “ne bis in idem”. Due persone sono finite nuovamente a processo ma già nel dibattimento hanno visto cadere alcuni capi di imputazione. Dicevano i latini Errare umanum est perseverare diabolicum. E accanirsi con chi giustamente contestò Salvini è caratteristica di chi persevera nell’errore. Mi piacerebbe anche sapere a che punto sono le indagini su quelle brave persone che minacciarono di morte il giudice che ha emesso la sentenza di assoluzione. Visto che queste minacce sono avvenute tramite social network con tanto di nome e cognome visibili non dovrebbe essere stato difficile procedere all’identificazione e proseguire con la conseguente azione penale. Evidentemente si usano due pesi e due misure. Avrei potuto starmene in silenzio visto che questa inchiesta non mi riguarda più direttamente ma non mi piace passare per fesso e meno che mai stare zitto quando vedo cose che non tornano per niente.”

Mario Giannelli

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