Tra gli sconfitti ci sono le regioni che hanno imposto questi referendum bocciati dalla popolazione.

Il flop dei referendum ci dice, essenzialmente, che la distanza tra la gente e i palazzi del potere è aumentaa. Non è affatto una assoluzione per la magistratura italiana bensì una bocciatura per la politica e in particolar modo per chi ha cercato di cavalcare strumentalmente questi quesiti referendari. La giustizia italiana ha bisogno di riforme, e un certo giustizialismo che emerge, anche dal voto non voto, non aiuta. Tuttavia, è innegabile che la riforma della giustizia non può essere slegata da una visione più generale di riassetto dell’intero sistema, che questi referendum non toccavano. I quesiti referendari sono stati percepiti, dalla stragrande maggioranza della popolazione italiana, come la rivalsa di una classe politica corrotta. Il tentativo di riciclarsi e vendicarsi delle toghe. Il modo in cui sono stati proposti questi referendum, calati dall’alto tramite i presidenti delle regioni, e l’esclusione di temi più coinvolgenti, come eutanasia e cannabis, hanno aumentato la distanza tra i cittadini e le urne. I cittadini si sono sentiti scippati dalla burocrazia, ben rappresentata dal solito Giuliano Amato, di temi importanti sui quali avevano raccolto le firme e si sono visti proporre da una parte delle istituzioni dei referendum salva casta. La divisione delle carriere tra magistrati giudicanti e pubblici accusatori, può essere anche giusta, anzi per noi lo è, ma non possono proporla Berlusconi, Salvini e Renzi persone in evidente conflitto di interesse. Abbiamo disertato le urne e ci rallegriamo di questo risultato, che è storico dato che è il più basso di sempre per numero di affluenza alle urne per i referendum. Quasi l’80% degli italiani ha disertato i seggi. Considerando poi che i referendum sono stati accorpati alle amministrative, quel 20% che ha votato è anche più alto di quanto avrebbe potuto essere. Infatti. in molti seggi le persone hanno ritirato le schede dei referendum, in modo poco convinto, solo perché non sapevano che era un loro diritto rifiutarle. Se poi entriamo nel conteggio dei voti validi la vittoria del si seppure netta non è plebiscitaria. Insomma per i promotori del referendum la sconfitta è totale.

Tra le cause molto probabilmente c’è anche la disillusione di una larga parte degli italiani persuasi dell’inefficacia dello strumento referendario, dato che talora in passato furono introdotti provvedimenti legislativi che non rispettavano l’esito della volontà popolare. Gli undici milioni di elettori che votarono per l’acqua pubblica aspettano ancora che questo bene comune sia strappato dalle grinfie dei privati e ripubblicizzato.

Un’ultima considerazione la facciamo sul ruolo delle regioni e dei sedicenti governatori, come si fanno impropriamente chiamare dall’informazione accomodante gli attuali presidenti di regione. Queste istituzioni già nel caos per la gestione non ottimale della pandemia sono tra le principali sconfitte. Le regioni non hanno favorito alcun decentramento del potere ma solo creato nuove centrali di potere che niente hanno a che fare con il federalismo. Da queste centrali di potere è partita questa farsa del referendum. 300 milioni di euro sono andati in fumo ma nessuno dei presidenti di regione che ci ha imposto questo sentirà il dovere morale di dimettersi. Tutto questo è semplicemente vergognoso.

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