“Scenari di guerra e transizione ecologica” interessante iniziativa del C.I.P. San Concordio a Lucca lo scorso 2 aprile.

Interessante e partecipata iniziativa quella promossa dal Collettivo di Iniziativa Popolare San Concordio, lo scorso sabato 2 aprile, presso l’auditorium della scuola Leonardo da Vinci a Lucca. Son intervenuti Giorgio Ferrari fisico nucleare che ha lavorato per 41 anni all’ENEl ed è una delle voci più critiche e autorevoli contro il ritorno del nucleare e Angelo Baracca fisico, professore universitario, attivista e saggista, impegnato nella campagna per l’ecologia contro le guerre e per il disarmo nucleare.

Il titolo dell’iniziativa era “Scenari di guerra e transizione ecologica.” Un tema attualissimo che ha visto il collettivo elaborare un documento che pubblichiamo qui sotto integralmente.

“Fino a poche settimane fa I pericoli per il pianeta dovuti alla catastrofe ambientale e climatica sono certificati dalle nuove misure dei governi mondiali, che con varie modalità e tempistiche dicono di voler decarbonizzare l’economia e i cicli produttivi per i prossimi trent’anni, ma senza mettere in discussione il modello imperante di accumulazione della ricchezza, di sfruttamento del lavoro e del pianeta. Anzi, fino a poche settimane fa tutti i governi occidentali e l’Unione Europea si sono distinti in un programma di finanziamento pubblico straordinario alle multinazionali dell’energia, significativamente sostenuto dai partiti ambientalisti e liberali. Nella transizione energetica prospettata si sostengono proposte politiche, regolamenti, tecniche, sempre più congeniali ad una intensificazione dei processi estrattivi, alla ristrutturazione di quelli produttivi e logistici che sono interdipendenti tra aree geostrategiche di influenza per le grandi multinazionali e le superpotenze economiche (USA, CINA, EUROPA). Un aspetto fondamentale delle proposte (politiche, regolamenti e tecniche) per ridurre le emissioni di anidride carbonica (fino a emissioni zero nel 2050) è che, riguardo alle fonti alternative a petrolio e carbone, si considerano le emissioni degli impianti solo nella fase di generazione di energia, senza contare quelle a monte e a valle di tale processo. In particolare per le fonti rinnovabili e per il nucleare il bilancio di anidride carbonica emessa non tiene conto dell’estrazione dell’uranio e delle terre rare legate a fotovoltaico ed eolico, risorse nient’affatto rinnovabili. Nemmeno si considera nel bilancio la fase di smaltimento, in tal modo l’impatto di tali fonti energetiche sulle emissioni di anidride carbonica risulta volutamente artefatto e falsato. E’ in questa calma apparente che il modello produttivo, di mercato e di valorizzazione capitalista, sembra assumere nuova linfa: un futuro green per il pianeta, la crescita economica illimitata, soluzioni tecnico- scientifiche per la produzione di energia spinte dalla elettrificazione, la robottizzazione dei processi produttivi e infine le ristrutturazioni di intere filiere dei mezzi di trasporto delle merci e delle persone. Enormi ricchezze e interessi sono stati messi in moto a livello planetario, sempre sotto questa terrificante calma apparente.

Sull’orlo dell’abisso Da più di cinquant’anni il mondo vede l’affermarsi imperante del pensiero neoliberista e un unico sistema di produzione di merci e di accumulazione, quello capitalista. La fine della guerra fredda, la vittoria sull’URSS da parte degli USA e della Nato ha fatto credere all’Occidente per molti decenni (fino alla crisi del 2008) di poter decidere senza competitori la guerra e la pace, la ricchezza e la povertà, su tutto il pianeta. Le guerre condotte dagli USA e Occidente per “esportare” la democrazia, prima e dopo l’11 settembre, hanno rappresentato l’apice della forza imperialista Americana e occidentale, seminando morte e distruzione. Successivamente solo la Cina è rimasta ideologicamente capace di esprimere una propria strategia economica e politica che si basa su un capitalismo fortemente indirizzato e controllato dallo Stato. Competere con la Cina ha cominciato a mettere in crisi la sicumera politica del mondo Occidentale a trazione USA. Da qui anche l’unione Europea ha visto divisioni interne e competizioni con gli Stati Uniti, la Nato ha accentuato sempre di più il ruolo di strumento di controllo ed egemonia statunitense nei confronti delle aspirazioni imperialiste europee. Dopo 1989 l’economia dell’URSS è stata disarticolata e svenduta ai rapaci appetiti dei nuovi capitalisti interni ed esterni pronti a fare bottino sui popoli e le risorse delle le ex repubbliche socialiste. La guerra fredda sembrava il preludio per la catastrofe, invece i due blocchi hanno rappresentato comunque un equilibrio, circoscritto dalla deterrenza nucleare, anche oggi pericolosamente disponibile. Nell’attuale mondo multipolare proprio il primato Occidentale appare nel pieno della crisi e i modelli di democrazia liberale divengono sempre meno rappresentativi e autorevoli. Lo Stato ha abbandonato le politiche di welfare con la conseguente ridistribuzione di ricchezza attraverso la spesa pubblica. Le politiche economiche sono delegate ad organismi sovranazionali che certificano gli indirizzi del grande capitale finanziario, senza più bisogno di mediare alcunché. D’altra parte in un’economia mondializzata, essendo quello capitalista l’unico modello spacciato per possibile ed essendo la competizione per ridurre i costi di produzione la sua legge fondamentale, non si vede tra cosa si debba mediare. Tutto è delegato alla famosa mano invisibile del mercato, T.I.N.A. (There Is No Alternative). Questo processo pervasivo e totalitario ha messo a valore la vita degli individui, dei popoli e della natura: decide la vita e la morte, concentra ricchezze enormi in poche mani, diffonde sempre più povertà e distruzione ambientale. In questo quadro si inserisce anche la cosiddetta transizione ecologica. La transizione energetica, non è (come dicono) l’espressione della politica ambientale democraticamente sostenuta e sostenibile, non lo è nei paesi industrializzati, tantomeno non lo è nei paesi industrialmente non sviluppati ma ricchi di risorse minerarie ed energetiche. Della democrazia, dell’autodeterminazione dei popoli e il rispetto delle minoranze etniche, così come della tutela delle risorse ambientali in nome della transizione ecologica, si fa solo retorica di facciata. Così come in passato le crisi energetiche e di sovrapproduzione sono state causa di guerre, impoverimento e disoccupazione, così in queste settimane l’umanità non si sta trovando di fronte ad un’ennesima guerra asimmetrica tra un unico polo imperialista e paesi non ad esso allineati da ricondurre sotto la propria egemonia politica ed economica. Sullo scenario dell’Ukraina questa lettura non calza più. Fino a prima della guerra la Russia era diventata parte integrante dell’economia capitalista, verso occidente come verso oriente. Lo scenario di guerra apparentemente di tipo nazionalistico è legato anche alle politiche per la transizione energetica planetaria. Per cui controllare le fonti energetiche e le risorse minerarie strategiche, così abbondanti in Ukraina come in tutta l’asia centrale, diventa per tutti gli attori in campo essenziale in una fase di crisi economica. L’allargamento ad est della NATO e la pressione statunitense sulla Russia dei decenni passati ha avuto l’aspirazione di fare di essa e delle sue immense risorse uno spezzatino sul modello ex Jugoslavia. L’isolamento crescente della Russia, se da una parte sembra ricompattare gli Stati europei all’interno di UE e NATO, dall’altra aumenta i costi energetici delle economie europee più colpite dalle sanzioni favorendo gli Stati Uniti. Negli ultimi anni ufficialmente l’Ukraina non era stata ancora candidata ad un ingresso rapido nella NATO, anche per la discontinua politica estera americana durante l’amministrazione Trump, tuttavia sino a poche settimane prima del conflitto centinaia di consiglieri militari e istruttori americani e inglesi, reparti speciali, si trovavano in Ucraina. Stavano di fatto armando e preparando l’esercito ukraino al conflitto, naturalmente in chiave difensiva secondo “i nostri” pacifisti con l’elmetto, più probabilmente per riprendersi le province del Donbass come dichiarato pubblicamente dal governo ukraino prima dell’attacco russo La Germania dal canto suo ha giocato un ruolo ambiguo, da una parte fortemente legata al mercato russo (gas ma anche export), dall’altra con vitali interessi in Ukraina, riserve di gas, minerali e non ultimo l’hub energetico dei suoi 15 reattori nucleari (più altri in costruzione) in grado di esportare energia elettrica a basso costo per la transizione verde tedesca. Il boicottaggio delle transazioni finanziarie e commerciali swift, sbandierato da tutti i paesi industrializzati occidentali come arma per fermare la guerra e spodestare Putin, viene in realtà dosato artatamente, escludendo il gas del Gazprom, il petrolio, la banca Gazprombank (da cui la Russia incassa ogni giorno 700 milioni di dollari) e la maggiore banca russa Sberbank. Infine si chiede di non boicottare l’uranio: come richiedono a Biden le Compagnie nucleari statunitensi (US National Energy Institute, e le Utility Duke EnergY Corp e Exelon Corp) che lo importano per mantenere la produzione di energia a un costo sostenibile. L’uranio per le centrali americane arriva per la metà dalla Russia, dal Kazachistan e Uzbechistan. Il nucleare americano fornisce il 20% dell’energia e per mantenere tale produzione gli usa dipendono dall’uranio dell’asia centrale perché estrarre quello nazionale, abbondante in Texas e Wyoming, comporta oneri fuori bilancio per l’impatto ambientale. E poi la Cina, il suo mercato energetico per un miliardo e quattrocento milioni di abitanti, nell’intraprendere la transizione energetica, attinge dal gas russo e si appresta ad implementarlo per ben 50.000 milioni di m3 annui, con il gasdotto Soyuz Vostok che entrerà in funzione nel 2027-28. (fonte: grenreport.it) Questi pochi dati dimostrano quanto la borghesia russa che sostiene Putin sia integrata nel sistema mondo capitalista, seppur con un peso specifico minore di altri, mantenendo il controllo sulle risorse nazionali favorita dalle politiche governative. Naturalmente l’altro settore che si avvantaggerà per difendere gli affari dell’energia, per la così detta transizione ecologica, sarà la produzione e la vendita di armamenti e come dichiarato dai governi europei il bilancio governativo dell’Unione Europea emetterà debito per la tempestiva realizzazione di un esercito Europeo, più adeguato a preservare gli interessi economici determinati dai nuovi assetti geostrategici. In questo scontro tra poli imperialisti guidati dalle rispettive boghesie in competizione tra loro, sembra che i popoli non abbiano altra scelta che subire la tragedia della guerra.

Certo ci sono anche spinte dal basso verso la guerra, i nazionalismi, la resistenza delle popolazioni del Donbass ad anni di pulizia etnica russofoba ed al golpe filonazista del 2014, il rifiuto spontaneo della popolazione nei confronti di un esercito di occupazione e tant’altro. Quando però si passa alla guerra aperta non è mai dovuto alla follia o brama di qualche leader quanto all’esplicarsi di conflitti su un piano strategico più ampio già presenti in periodo di non belligeranza. Qualcuno diceva che la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi. La politica del capitale è sfruttamento delle vite dei subalterni e delle risorse del pianeta, la violenza e la guerra non è l’eccezione ma la regola. In questo quadro, la transizione ecologica non è altro che la ripetizione dello stesso schema fondato non più sul petrolio e carbone ma su altre risorse non rinnovabili come le terre rare, con il gas e il nucleare sempre ammessi col beneficio della nuova tassonomia energetica in quanto fonti di transizione. C’è chi sostiene che l’ambientalismo senza anticapitalismo è giardinaggio, magari fosse solo quello. Rischia di essere cornice ideologica per perpetuare questo sistema di sfruttamento e spoliazione, fino alla guerra. Queste considerazioni, non definitive, sono frutto di un confronto all’interno della nostra assemblea in vista dell’iniziativa del 2 aprile a Lucca con Giorgio Ferrari e Angelo Baracca. Sarà quella l’occasione di approfondire questi temi per avere qualche strumento in più per capire questa difficile fase, nella consapevolezza che l’urgenza di contrastare la tendenza alla guerra interimperialista è interesse prioritario dei subalterni ed è coerente con la lotta anticapitalista per la fine dello sfruttamento del lavoro e della natura.”

Collettivo d’Iniziativa Popolare – San Concordio

Posted in Senza categoria | Leave a comment

Anche il presidente dell’ANPI provinciale, Filippo Antonini, parteciperà all’assemblea contro la guerra e la repressione il 7 aprile al Cantiere sociale Versiliese.

Il presidente provinciale dell’ANPI, Filippo Antonini, nonchè avvocato di molti militanti dei movimenti di lotta parteciperà all’assemblea “Contro la guerra e la repressione, per ambiente e lavoro abbattere, il capitalismo che si terrà giovedì 7 aprile alle ore 21 al Cantiere Sociale Versiliese. Antonini interverrà sul tema: ” Attraverso l’analisi della repressione in Versilia lo staro dei movimenti.” Prenderà in esamine una serie di procedimenti penali che dal 2004 al 2018 hanno compito in Versilia e nelle zone limitrofe.

Posted in Senza categoria | Leave a comment

“Due sfratti rinviati in pochi giorni grazie al nostro intervento.”

“Fortunatamente il nostro intervento di mediazione come Brigata Mutuo Sociale per l’Abitare assieme al sindacato AS.I.A. USB è servito a far rinviare, nel giro di pochi giorni, due sfratti uno al Varignano e l’altro in centro a Viareggio in zona mercato. L’emergenza abitativa purtroppo non accenna a diminuire e sempre più persone si rivolgono al nostro sportello, in cerca di aiuto. Il rinvio di un paio di mesi di uno sfratto, pur non essendo una soluzione definitiva, permette a prendere tempo alle famiglie per organzizarsi e trovare altre soluzioni. Quello che manca è un reale piano casa. Ma da questa amministrazione ormai non ci aspettiamo più niente.”
Brigata Mutuo Sociale per l’Abitare

AS.I.A. USB

Posted in Senza categoria | Leave a comment

Il Coordinamento “La Lecciona Non si tocca” ha sfilato all’interno dello spezzone della convergenza ecologica al corteo dei GKN a Firenze.

All’interno dello spezzone della convengerza ecologista, che ha sfilato per le vie di Firenze in occasione del grande corteo del 26 marzo della GKN, c’era anche lo striscione del coordinamento “La Lecciona non si tocca.” Lo striscione ha sfilato da Santa Maria Novella alle Cascine nel corteo ambientalista e poi per tutto il corteo della GKN, partito dalla Cascine è arrivato fino a Piazza Santa Croce. Il progetto scellerato di Giorgio Del Ghingaro di costruire una ciclovia in mezzo ad un’oasi ecologica, come la Lecciona, rinunciando al tratto già esistente, quello del viale dei tigli. Molte sono le realtà toscane e anche di altre parti di Italia che hanno deciso di far convergere le loro lotte ambientali in questa grande giornata.

Posted in Senza categoria | Leave a comment

Bella Firenze! Dobbiamo dire tutti grazie alle lavoratrici e ai lavoratori della GKN!

Le lavoratrici e i lavoratori della GKN, guidati da una avanguardia ben strutturata nel collettivo di fabbrica, hanno vinto la loro lotta, ma non smobilitano. La manifestazione di sabato 26 marzo, anzi, ci parla di un rilancio a tutto campo. Si sentono classe dirigente come recita uno striscione. Ed una classe operaia che si sente classe dirigente vuol dire, essenzialmente, una cosa che è pronta a battersi per la trasformazione della società. Il corteo, che si snoda per le vie di Firenze, è lunghissimo e vivacissimo, alla fine dal palco verrà detto che sono almeno 25000 le persone che vi hanno preso parte. Ma al di là dei numeri è l’entusiasmo che caratterizza questa giornata, perchè questa esperienza ci dice che la lotta paga. Ci sono lavoratori di fabbriche provenienti da varie parti della penisola, ci sono studenti che si battono contro l’infame legge sull’alternanza scuola lavoro che ha visto morire due giovani, ci sono esperienze virtuose di fabbriche recuperate come la Ri Maflow di Trezzano sul Naviglio, c’è il mondo della produzione contadino con Genuino Clandestino, Ci sono i militanti delle occupazioni viale Corsica, vigliaccamente, sgomberati, c’è il sindacalismo di base cone le sue tante sigle e ci sono i partiti della sinistra radicale con tante altre sigle. C’è l’ARCI e l’ANPI, l’antifascismo è un valore irrinunciabile. “Siamo tutte antifasciste.” Gridano le compagne di Non una di Meno. Ci sono tanti centri sociali venuti non solo dalla Toscana ma anche dalle Marche e dal Nord Est. Per tutti questa manifestazione è una boccata di ossigeno. E’ una mobilitazione per il lavoro ma è anche una mobilitazione per l’ambiente. La narrazione novecentesca che lavoro e ambiente siano temi contrapposti è abbandonata. Un grande spezzone di convergenza ecologista ha occupato i treni e lo ha rivendicato come pratica, per la mobilità sostenibile e il diritto di tutte e tutti a viaggiare. Dentro questo spezzone, che denuncia il tentativo del governo di ritornare ad energie fossili o al nucleare, quest’ultimo già due volte bocciato dal popolo con i referendum, c’è anche Fridays For Future che il giorno prima ha dato vita, in tutta Italia, allo sciopero del clima. “Siamo la Natura che si difende e che insorge” si legge in vai cartelli. La manifestazione è lunga e sentita come non se ne vedevano da tempo. Il No alla guerra emerge forte nei volantini, negli slogan e anche negli interventi finali in Piazza Santa Croce. E’ un no alla guerra netto che non puzza di ipocrisia, come quello della marionetta Nardella, sindaco di Firenze che proprio in quella piazza fece parlare in collegamento il clown guerrafondaio Zelensky. Il confronto tra le piazze almeno nei numeri, però, Nardella lo ha perso. Chi è in piazza oggi non sta né con Putin né con la NATO. Rifiuta la guerra e considera l’invio di armi un atto ipocrita e irresponsabile. Dal palco viene detto che questo movimento deve riprendersi le piazze e che quello di ieri è stato solo l’inizio. E’ stata, infatti, annunciata una giornata contro la guerra e il caro vita.

Firenze è bella ma da ora lo era ancora di più. Le sue strade piene di giovani sembrano alimentare una speranza che, in tempi così difficili, è davvero preziosa. Ai lavoratori della GKN bisogna solo dire grazie per quello che hanno fatto e per quello che continueranno a fare. Se partirà una nuovo grande movimento di lotta, una nuova alleanza tra soggetti coscienti e convergenti, come è stato detto in piazza, lo si deve soprattutto a loro.

Purtroppo i telegiornali del terrore non hanno dato la giiusta visibilità a questa mobilitazione ma anche questo ormai non ci meraviglia più.

Posted in Senza categoria | Leave a comment

Repubblica Viareggina: “Del Ghingaro abbandona la nave dopo averla fatta affondare.”

“Il fallimento dell’amministrazione Del Ghingaro è, ormai, sotto gli occhi di tutti. Continua emergenza abitativa in città, diritto alla residenza negato, patrimonio pubblico svenduto, cittadini privati di impianti sportivi fondamentali come stadio e piscina, continuo abbattimento di alberi, progetti faraonici con grande impatto ambientale, ecc.. L’esclusione di Viareggio da Capiatale della cultura è solo l’ennesima sconfitta di una amministrazione che ha riempito la città di supermercati e cemento e cha ha escluso la cittadinanza dalla partecipazione. Tutti si può sbagliare e fallire degli obiettivi ma bisogna assumersene le proprie respomsabilità e non scappare come uno Schettino qualunque che abbandona la nave. I continui litigi con il Partito Democratico, altro grande responsabile delle pesssime condizioni in cui versa la città, il fare sondaggi per vedere il suo gradimento a Lucca ci fanno pensare che la sua corsa a Viareggio sia giunta al capolinea. Calato dall’alto, all’improvviso, arrivò in città con i suoi amici, il suo cerchio magico e la sua corte dei miracoli, sette anni fa. Dopo Capannori e Viareggio, ora, sembra tocchi a Lucca ospitare il circo. Magari nella città delle mura sarà più presente visto le assenze prolungate da Viareggio. Ci rammarica che non abbia avuto nemmeno una parola di biasimo per l’uscita infelice di Paolo Mieli in difesa di Mauro Moretti, uscita che offende i familiari delle vittime della strage e l’intera città e soprattutto, secondo noi, rende incompatibile Paolo Mieli con la presidenza di un premio che ha sede a Viareggio, il premio Repaci. A tal proposito abbiamo iniziato, assieme ad altre realtà, una raccolta di firme per chiedere al sindaco la rimozione del giornalista milanese dalla presidenza di tale premio.”

Repubblica Viareggina

Posted in Senza categoria | Leave a comment

La Toscana non è zona di guerra.

Sabato 19 marzo a Pisa c’è stata una manifestazione contro la guerra e contro l’invio di armi all’Ucraina. I giornali non hanno dato molto spazio e quelli che lo hanno fatto, hanno cercato di dipingere come residuale una posizione, invece, che è destinata a crescere nel paese. Almeno mille perone, forse di più, hanno preso parte prima al presidio davanti all’ereoporto internazionale Galileo Galilei e poi hanno sfilato dirigendosi verso i cancelli della 46ªBrigata Aerea, durante il tragitto si sono aggiunti altri manifestanti che erano ad un altro presidio. Le forze di polizia hanno impedito l’avvicinarsi davanti ai cancelli della 46° brigata.

In piazza i partiti della sinistra radicale, il sindacalismo di base, i centri sociali e numerosi comitati. Parole chiare e nette che nulla hanno a che fare con il pacifismo ipocrita di dem come Nardella o Fassino. Gli interventi oltre a ribadire la contrarietà all’invio di armi hanno espressoo la onsapevolezza delle responsabilità delle cancellerie occidentali e del ruolo nefasto e provocatorio portato avanti dall’alleanza atlantica. Uscire dalla NATO è stato, infatti, lo slogan più urlato. Nello stesso giorno, anche, a Livorno si è tenuta una manifestazione contro la guerra in Piazza Grande. Altri appuntamenti sono in programma come l’assemblea di Viareggio del 7 aprile al Cantiere Sociale Versiliese ma sembra che in molte città toscana ci saranno iniziative per ribadire che la Toscana non è zona di guerra.

Posted in Senza categoria | Leave a comment

Assemblea unitaria a Viareggio il 7 aprile “Contro guerra e repressione per ambiente e lavoro abbattere il capitalismo.”

“Leggere un evento sganciatodagli altri è un errore. Negare che esista una concatenazione di cause effetti è quello che vuole la narrazione dominante che non si interessa della logica ma solo della propaganda. Non si può, quindi, leggere l’aggressione imperialista della Russia all’Ucraina se non come la risposta alle continue provocazioni imperialiste della NATO e degli USA alla Russsia. Da decenni la NATO si espande nell’Europa dell’EST, condizionando le scelte dell’Europa e accerchiando militarmente la Federazione Russa. Dietro l’ipocrita propaganda occidentale sui diritti all’autodeterminazione dell’Ucraina si nasconde la paura degli USA di perdere l’egemonia come potenza predatrice e saccheggiatrice nel mondo. Gli ultimi anni con il boom economico cinese e i falliti golpe appoggiati dai nordamericani in Bolivia, Venezuela e Turchia e le vittorie militari russe in Georgia e Siria hanno visto un’inversione di tendenza rispetto a quanto fu determinato nel biennio 1989 – 1991 con la controrivoluzione capitalista, il disfacimento dell’URSS e l’inizio di quella che fu chiamata globalizzazione.

Il predomino sul mondo è nuovamente contendibile e questo è avvertito da tutte le potenze mondiali e anche da quelle regionali. Israele bombarda la Siria per avvertire l’Iran. L’Iran bombarda il Kurdistan iracheno per avvertire Israele. Intanto in Yemen sauditi e iraniani si combattono senza esclusioni di colpi e poi ci sono i Balcani pronti ad esplodere, con i separatisti serbi in Bosnia e le tensioni mai sopite tra Serbia e Kosovo e questo limitandosi ad osservare, solo, quanto avviene in Europa e Medio Oriente. Se volessimo zoomare su America Latina, Africa ed Oriente Asiatico la situazione sarebbe ancora più complessa. Insomma la guerra tra Russia e Ucraina è solo un frame di uno scenario ben più ampio che è tutto strettamente connesso e che va letto nello scontro tra i vari poli imperialisti non con la favola dei buoni e dei cattivi. Non un bolscevico ma Papa Francesco ben otto anni fa disse: “Siamo dentro una guerra mondiale combattuta a pezzi.” Era il 2014 a cento anni esatti dallo scoppio della prima guerra mondiale e quella frase descriveva una serie di conmflitti asimettrici che però rispondevano al medesimo piano di stabilizzazione/destabilizzazione, a secondo da come lo guardiamo, del pianeta.

Siamo in un’epoca di forte instabilità dove le varie crisi si saldano assieme. La crisi economico – finanziaria, la crisi sanitaria, la crisi climatico – ambientale, le crisi politico – militari e soprattutto la crisi morale sono in realtà, tutti, sintomi di una profonda crisi sistemica che noi denunciamo da anni.

Il sistema capitalistico corre inesorabile, portando l’umanità verso la catastofe. Infatti se ci compiaciamo della giustezza della nostra critica a questo sistema di produzione ingiusto, irrazionale e criminale è altrettanto vero che non riusciamo a vedere, almeno sul terreno pratico, un’alternativa. E mai come adesso ci appaiono sagge e profetiche le parole di Antonio Gramsci: Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri.”

I nuvoi mostri, che poi tanto nuovi non sono, si chiamano pandemie, scioglimento dei ghiacciai, inquinamento, razzismo, sessismo, corruzione, precarietà del lavoro, morti sul lavoro, sfiducia nella scienza e sopratutto si chiamano guerra e repressione.

Le dieci persone più ricche del mondo detengono la stessa ricchezza che detengono tre miliardi e ottocento milioni di persone, ovvero la parte più povera del pianeta. Sarebbe fin troppo facile ma anche riduttivo addossare la colpa di questo alle sole politiche neoliberiste, cosa che alcuni capitalisti stanno cercando di fare per salvare il sistema con qualche blando correttivo come le politiche protezionistiche. La responsabilità è del modello capitalistico, nel suo insieme, che per trent’anni senza avere più un avversario sul terreno reale ha saccheggiato il pianeta cancellando diritti e devastando ambiente e vite. Essere anticapitalisti non è quindi una scelta ideologica ma una presa d’atto di coscienza di chi vuole sperare che il mondo possa continuare ad esistere. Vent’anni fa un movimento ingenuo e generoso gridava per le strade di Seattle, Genova, Davos, Nizza che un altro mondo era possibile. Quel movimento fu, violentemente, represso e la, conseguente, spirale guerra – terrorismo del potere ci consegna oggi le macerie di una società che non accetta la sconfitta. E come sul Titanic, qualcuno continuava a ballare negando che la nave stava affondando, qui si continua a ballare negando. Negando pandemie, negando morti sul lavoro, negando guerre, negando il ritorno dei fascismi, negando ingiustizie e sfruttamento. Deridendo Greta e l’impegno dei più giovani. Le urla dei complottisti non spaventano il potere perché essi stessi sono parte del complotto creato dal potere. Servono a trasformare tutto in una macchietta a screditare ogni opposizione reale. Chi comanda nega la lotta di classe e l’autodeterminazione dei popoli perché ne ha paura. Una volta qualcuno avrebbe parlato del bisogno di comunismo ma questo argomento difficile lo rimandiamo ad una altra puntata. Anche se niente, oggi come ieri, spaventa i padroni più che del socialismo e del comunismo. Oggi, però si tratta di parlare della nostra sopravvivenza. Lo hanno capito bene gli studenti del nostro paese, che scendono in piazza contro l’infame legge sull’alternanza scuola – lavoro voluta da confindustria e approvata dai vari servi della poltica parlamenare. Lo hanno capito bene, identificando proprio in confindustria e nel PD i principali bersagli delle manifestazioni e per questo hanno incontrato i manganelli delle solite forze dell’ordine impunite. Le stesse forze dell’ordine responsabili delle morti di Stefano Cucchi, di Federico Aldrovandi e di tanti altri giovani. Quelle forze dell’ordine che diedero vita alla mattanza per le strade di Genova nel 2001, eredi a loro volta di quelle divise che negli anni ‘70, ‘60 e ‘50 sparavano nelle piazze uccidendo studenti, operai e braccianti. Un filo rosso lega la nostra repubblica atlantista. In questo filo rosso le stragi di stato dei servizi segreti, i processi di ristrutturazione economica delle grandi famiglie del capitale italiano prima e delle multinazionali dopo, i crimini della mafia e delle altre organizzazioni criminali e una certa massoneria deviata hanno dettato l’agenda più di quanto abbia fatto la mala politica dei governi democristiani prima e di centrodestra e centrosinistra poi. Tuttavia, se esiste una costante del dominio liberal capitalista nel nostro paese è altrettanto evidente che con la seconda e con quella che oggi chiamano terza repubblica il potere dei padroni non trova più nemmeno dei bilanciamenti. Il parlamento epurato dai socialisti e dai comunisti è del tutto incapace non solo di portare una voce delle classi subalterne ma anche di rappresentare se stesso. A guidare il governo sta un banchiere, il signor Mario Draghi, responsabile dei sucidi di tanti risparmiatori in Grecia e alla presidenza della repubblica hanno dovuto rieleggere Sergio Mattarella. Dopo due mandati di Napolitano arrivano due mandati di Mattarella. Il quadro è stato completato con la nomina alla presidenza della corte costituzionale di quel vecchio burocrate di Giuliano Amato. Il dottor Sottile ha subito affossato i referendum sulla legalizzazione della cannabis, sul diritto all’eutanasia e sulla responsabilità dei magistrati. Niente deve cambiare. Il lago putrido della conservazione si arrichisce di un’informazione a senso unico che non da spazio alle poche voci esistenti fuori dal coro. Quei pochi parlamentari che si oppongono in senso progressista non vengono mai citati e il monopolio dell’opposizione viene regalato ad una delle forze più conservatrici e reazionarie che il paese abbia mai avuto. Fratelli di Italia, di Giorgia Meloni, oltre a non avere mai reciso le sue radici con il fascismo ha una classe dirigente, in molti territori, collusa con la ‘ndrangheta. La situazione italiana è, quindi, drammatica, ma non molto dissimile è la situazione negli altri paesi occidentali. La Grecia ha visto il fallimento dell’ipotesi riformista di Tsipras e dopo le lacrime e sangue imposte dalla BCE, e le violenze fasciste di Alba Dorata, si ritrova un governo di centrodestra che prosegue con politiche impopolari. La Spagna rimane una monarchia e ha soffocato le spinde indipendestite provenienti dalla Catalogna. Lo stesso governo di coalizione PSOE – Podemos alterna barlumi di riforme a momenti di totale incapacità ad affermare una vera e propria strategia progressista. La Francia vede un continuo malcontento che si manifesta anche nelle piazze ma che non produce una reale alternativa a Macron. In Germania, finita l’era Merkel, il governo di coalizione a guida socialdemocratica stenta a fare ripartire l’economia. Tutto il vecchio continente vive nell’instabilità. L’UE, perso il Regno Unito e costretto a tenere a bada le bizze e i capricci di governi demagogici e populisti come quello ungherese e polacco, sembra arrancare nella costruzione del suo progetto dipendente come è militarmente dagli USA ed energicamente dalla Russia. E proprio USA, Russia ma soprattutto Cina, anche se questa è più lontana e meno aggressiva, sono i tre protagonisti sulla scena mondiale. L’Unione Europea appare debole e divisa anche perché così la vuole l’amministrazione USA. Trump festeggiò la Brexit e a Biden tutto sommato non dispiace avere con il Regno Unito un rapporto di interlocuzione privilegiato anche come provano le nuove alleanza militari nell’oceano indiano in chiave anti cinese. Ed è sempre il Regno Unito ad essere il principale paese capofila della russofobia che soffia nel vecchio continente, sempre più ricattato dagli USA e della NATO. E’ dentro questo contesto che va letto il conflitto ucraino. La guerra come repressione dei popoli e la repressione come guerra delle classi dominanti a chi si oppone tra i subalterni. La violenta repressione contro le proteste nelle carceri italiane, avvenute nel 2020 ad inizio della pandemia e costata ben 9 morti solo nel carcere di Sant’Anna di Modena, è solo la punta di un iceberg. La repressione ha visto arresti nel movimento NO TAV, manganelli sugli studenti e restringimenti della libertà con il pretesto della pandemia. Anche in Versilia da anno le compagne e i compagni che si battono per il diritto all’abitare così come gli antirazzisti sono stati attenzionati da magistrati e sbirri e si sono piovere addosso decine di procedimenti penali.

Con l’aumento della crisi economica e della tendenza alla guerra sarà inevitabile un aumento della repressione. Per questo occorre rispondere con la solidarietà di classe a chiunque sia colpito da repressione e con la solidarietà internazionalista verso i popoli che subiscono aggressioni.

I 15000 morti nel Donbass, in otto anni, non interessano la “libera informazione” occidentale. Dal canto suo il corotto Putin sfrutta questo pretesto per la mania di grandezza della sua cerchia di oligarchi e generali affamati di potere.

E’ evidente che le conseguenze delle guerre tra i ricchi le pagano i poveri ed è quindi evidente che non vada dato un solo soldo, una sola arma, un solo uomo a questa guerra. Ma anche questo è insufficiente va ripresa la lotta per chiedere l’uscita del nostro paese dalla NATO e la chiusura di tutte le basi NATO e USA sul territorio nazionale Con questo spirito in modo unitario promuoviamo per il 7 aprile un’iniziativa dibattito dal tema ambizioso “Contro la guerra, contro la repressione, per l’ambiente, il reddito, la casa, il lavoro, abbattiamo il capitalismo.”

Assemblea Movimenti Anticapitalisti Viareggini

Posted in Senza categoria | Leave a comment

BESTIERARE live e spettacolo di danza del RILAB al Cantiere Sociale per una serata partecipata.

Bellissima serata quella che si è svolta, venerdì 18 marzo, al Cantiere Sociale Versiliese. Tantissime persone hanno assistito prima alla performance “Sbarre” di Rylab laboratorio sperimentale di danza contemporanea diretto dalla danzatrice professionista Eleonora Di Vita. La performance “Sbarre” è stata ideata da Eleonore Di Vita con parole di Ilaria Cipriani e poesie del rivoluzionario e poeta Sante Notarinicola scomparso lo scorso anno. Ideata e pensata sui gravi fatti del carcere Sant’Anna di Modena che hanno visto assassinare nove detenuti. Dopo la performance c’è stato il concerto delle BESTIERARE. Il gruppo rap romano è nato verso la fine degli anni ’90, composto da tre voci e un dj. Jhonny Para, Matt Plug e Elio Jazz Germano, quest’ultimo famoso per i suoi successi cinematografici sono le voci Dj Amaro li accompagna alla consolle. Si tratta di un rap frizzante che favorisce una libera espressione fuori da ogni clché. Alcune centinaia di persone hanno partecipato alla piacevole serata.

Posted in Senza categoria | Leave a comment

Rifondazione Comunista vuole chiarezza sulle spese dell’ultima campagna elettorale a Viareggio.

“Rimaniamo a dir poco perplessi nel leggere il riepilogo ufficiale delle spese elettorali dell’ultima campagna elettorale viareggina, pubblicato dalla Corte dei Conti. Lo siamo a maggior ragione pensando alla nostra, di campagne elettorali, povera di risorse economiche ma ricca di militanza, fatta a forza di sottoscrizioni dei nostri iscritti e iniziative di autofinanziamento, e rendicontata fino all’ultimo centesimo. Ci ricordiamo tutti che, a settembre 2020, le sedi elettorali tra Viareggio e Torre del Lago spuntavano come funghi, e che forze dell’attuale maggioranza comunale si pagavano feste in sontuose ville e campagne di propaganda imponenti, svolte da importanti agenzie di marketing del territorio; come Bogus Lab, autrice del “Fantacarnevale” di quest’anno, che nel proprio sito ufficiale, alla sezione Portfolio, dichiara di aver realizzato la campagna elettorale di Giovani per Viareggio, lista a cui sono notoriamente vicini importanti imprenditori del territorio, e che nel rendiconto delle proprie spese dichiara zero euro. Non vogliamo trarre conclusioni affrettate, ci sta benissimo che gli unici a dover pagare tipografie e sale conferenze a Viareggio siamo noi, e che gli altri le ottengano per gentile concessione! Eventuali illeciti sono di competenza della magistratura, a noi interessa la questione politica e morale, rispetto a cui pretendiamo chiarezza da chi amministra la città, e quindi anche i soldi pubblici.”


Partito della Rifondazione Comunista Circolo di Viareggio

Posted in Senza categoria | Leave a comment