Di immigrazione ne parlavamo già a Genova vent’anni fa.

Di migranti, sbarchi, immigrazione, frontiere e repingimenti abbiamo sentito parlare molto in questi anni e ne sentiremo ancora parlare nel prossimo futuro, perché sui flussi migratori si giocano le sorti politiche ed economiche di molti. Sia di chi ipocritamente dice di non volerli, ma poi ne ha un disperato bisogno per alimentare demagogiche campagne di odio e razzismo che fruttano consensi elettorali. Lo abbiamo visto in tempi di pandemia, dove l’attenzione si è spostata altrove, come i consensi di Salvini in Italia e della Le Pen in Francia siamo improvvisamente scesi. Sia per chi vuole abbassare il costo della manodopera del lavoro e in nome di un’accoglienza fasulla crea quello che Karl Marx chiamava: “esercito di riserva.” I padroni hanno bisogno di “nuovi schiavi” da sfruttare a minor prezzo. A giocare sulle migrazioni sono anche le grandi potenze imperialiste che vedono nel movimento dei popoli la possibilità di destabilizzare intere aree geografiche. Dietro quindi il complesso fenomeno dell’immigrazione ci sono gli interessi dei capitalisti che si declinano a secondo delle convenienze in xenobobia, sfruttamento, destabilizzazione, ecc.. Di sicuro il movimento altermondializzazione che agli inizi del ventunesimo secolo, veniva chiamato “No Global”, aveva compreso il ruolo chiave dell’immigrazione. Le contestazioni al G8 di Genova, infatti, partirono il 18 luglio con il grande concerto di Manu Chao che vide la partecipazione di ben ventimila persone. Proseguirono il 19 luglio con la manifestazione dei migranti. Un variopinto corteo di almeno cinquantamila persone che chiedevano diritti per i rifugiati. In piazza erano presenti argentini, ecuadoregni, peruviani, senegalesi e soprattutto tanti curdi con le bandiere del PKK di Ocalan.

Eravamo in un momento di transizione per le politiche immigratorie. In Italia dal 1998 era in vigore la legge Turco Napolitano che aveva istituito i Centri di Permanenza Temporanea (CPT). Un anno e 11 giorni dopo il corteo dei migranti, precisamente, il 30 luglio 2002 ripartendo dalle basi della Turco Napolitano veniva approvata la peggiorativa legge n° 189 più conosciuta come Bossi Fini, la quale trasformava i CPT in Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE). Questa legge è quella tutt’ora in vigore e porta la firma dei leader, di allora, della Lega Nord e di Alleanza Nazionale alla faccia di tutta la propaganda isterica e faziosa che, oggi, gli eredi di quei due partiti, Salvini e Meloni, portano avanti. Nel corso di questi venti anni il Mediterraneo è diventato un cimitero e se qualche vita è stata salvata lo si deve a chi ha disobbedito a leggi crudeli e insensate portando in salvo vite umane. Molti di quelli che sono stati sulle navi delle ONG erano a Genova nel 2001, perché avevano compreso perfettamente cosa sarebbe accaduto. Nel corso di questi anni il centrosinistra ha inseguito la destra sui linguaggi vedi la distinzione tra profugo e migrante economico. Una temine mostruoso che vorrebbe farci crede che morire di fame o di miseria sia meno grave che morire sotto le bombe. Fame, miseria e bombe che poi sono sempre Made in USA o Made in UE. Anche il termine “risorse” usato, per i migranti, dalla “democratica” Boldrini si è rivelato un autogol che ha permesso ad un “popolo feroce” come quello della destra di deridere. Gli esseri umani non sono mai risorse sono persone. Ma ciò che è ancora più grave è di come la cosiddetta sinistra abbai inseguito la destra sul delirio securitario. Il permesso ai lager nella nuova Libia, ridisegnata dopo le bombe della NATO, sono stati realizzati con l’avvallo di Marco Minniti.

In un mondo dove circolano merci e capitali non si può impedire agli esseri umani di muoversi. Dalla notte dei tempi uomini e animali migrano perché è nella natura delle cose. L’unica cosa innaturale sono i confini, le frontiere, le barriere e i muri. Sulla caduta del muro di Berlino, nel 1989, i capitalisti hanno costruito la loro narrazione vincente. Peccato che, lor signori, hanno omesso di dire che dal 1989 ad oggi sono stati eretti ben 9000 chilometri di muri per dividere gli esseri umani.

A Genova si era compreso che affermare i diritti degli immigrati non solo era eticamente giusto ma era una spinta in più per rafforzare il conflitto sociale. Oggi in tante lotte operaie, su tutte quelle della logistica ma anche quelle di tanti braccianti nel meridione in prima linea ci sono lavoratori immigrati. Oggi più di ieri è bene riaffermare che il mondo che vogliamo costruire non deve avere frontiere perché la nostra patria è il mondo intero.

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La nuova segreteria versiliese di Articolo 1 che affiancherà il segretario Marco corsetti.

“Nell’ottica di una riorganizzazione del nostro partito a livello territoriale e per costruire un radicamento più forte, è stata nominata la Segreteria territoriale per Articolo UNO Versilia che mi affiancherà nel lavoro politico e operativo di segretario e che andrà ad integrare la già presente Direzione territoriale nominata all’ultimo congresso. La segreteria è così composta: – Elisabetta Liberatore, Responsabile Organizzazione, Tesseramento e Tesoreria – Antonio Batistini, Responsabile di zona Viareggio – Edoardo Manfredi, Responsabile Comunicazione, Social network e Cultura – Riccardo Domenici, Responsabile Ambiente e Politiche Sociali – Daniele Ceragioli, Responsabile Lavoro e Turismo – Roberto Pierini, Responsabile di zona Versilia nord.”

Segreteria Articolo 1

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Flash Mob su 30 vette delle Apuane. Le provocazioni mafiose non intimidiscono chi lotta per difendere la montagna.

Durante la diretta facebook a Passo Sella il presidente di Apuane Libere, Gianluca Briccolani, è stato insultato e spinto. Ad un altro ragazzo hanno tirato in terra il cellulare perché filmava. Momenti di tensioni prevedibili e in parte annunciati da questi arroganti padroni del marmo che non tollerano l’attenzione e il consenso che si è sviluppato intorno ad Apuane Libere. Nonostante queste provocazioni in 30 vette hanno sventolato bandiere e vessilli in difesa delle Apuane e di altre lotte ambientali, come il comitato le Voci degli alberi di Pietrasanta e i No Asse di Viareggio, che hanno voluto solidarizzare. Il flash mob è sicuramente riuscito, nonostante le minacce, i pedinamenti, i posti di blocco e la ricerca dello scontro fisico. La lotta per ridare le Apuane alla collettività e liberarle dal profitto di alcune famiglie che hanno mostrato di usare metodi mafiosi e squadristici è appena cominciata e noi la seguiremo dando voce a queste donne e questi uomini liberi e coraggiosi che oggi meritano il plauso di tutte e tutti quelli che amano la natura.

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A Marzo a Napoli e a Giugno a Goteborg ci furono le prove per la mattanza di Genova.

Le responsabilità del governo di centrodestra e in particolar modo del ministro dell’interno Claudio Scajola e del vicepresidente del consiglio Gianfranco Fini, per quanto accaduto a Genova nelle tre giornate del G8, sono palesi. Il leader di Alleanza Nazionale che poi tradirà la destra per calcoli opportunistici, in quel momento mostrò tutto quell’autoritarismo tipico di chi viene dal post fascismo del MSI. Nelle caserme era a dare ordini di squadrismo e repressione. Quando anni dopo giunse a Viareggio, dove fu duramente contestato, venne salutato dal coro “assassino assassino.” L’uomo della destra presentabile, l’erede del doppiopetto del fucilatore di partigiani Giorgio Almirante, ha di sicuro le mani sporche del sangue versato a Genova. Tuttavia saremmo ingenui se pensassimo che quella repressione fosse stata organizzata da questo o quel politico. Il 17 marzo, con un governo di colore diverso che vedeva alla presidenza del consiglio il “socialista” Giuliano Amato e ministro dell’interno il “cattolico democratico” Enzo Bianco, a Napoli in occasione del vertice OCSE ci fu una vera e propria mattanza da parte delle forze di polizia. Per la prima volta anche la guardia di finanza si distinse per violenti pestaggi. Erano le prove generali di quello che sarebbe accaduto a luglio a Genova. Prove generali che dalla piazza si estesero anche al carcere dove molte persone subirono violenze fisiche e psicologiche. Alcune ragazze furono costrette a farsi la pipì addosso. Diversi dimostranti feriti vennero prelevati, di forza, dagli ospedali dove erano giunti dopo le cariche della polizia e condotti nella Caserma Raniero dove subirono vessazioni da parte degli agenti. Dieci tra funzionari e agenti di polizia furono poi condannati in primo grado per avere commesso abusi contro i manifestanti ma poi la scamparono con la prescrizione dei reati. Appare evidente che queste erano le prove generali. E se all’esaltato che indossa la divisa e che sfoga la sua frustrazione può anche piacere inneggiare a Pinochet o fare il saluto romano è del tutto inessenziale per chi comanda. Centrodestra e centrosinistra da anni avvallavano le stesso politiche economiche e sociali e avvallavano le stesse politiche di guerra internazionale e anche di repressione. Fu il ministro “comunista” Diliberto, del resto, a dare maggiore poteri ai GOM (Gruppo Operativo Mobile) nelle carceri. Spostandosi di latitudine le cose, però, non sembravano molto diverse. Il 15 giugno a Goteborg, nella civilissima e progressista Svezia, in occasione di manifestazioni contro il vertice UE ci furono seicento fermi e cinquanta feriti. La polizia sparò e tre manifestanti rimasero colpiti dai proiettili. La repressione, insomma, attraversava i confini nazionali e veniva usata dai governi di tutti i colori. La strategia della repressione come fronte interno di guerra si sviluppava in tutti i paesi occidentali mentre gli USA preparavano le strategie di guerra infinita per reprimere i popoli che rappresentavano un ostacolo al loro dominio. Guerra e repressione saranno due facce della stessa medaglia. Dalla Palestina all’Argentina, dai Balcani all’Iraq con nel mezzo tantissime città del pianeta vedevano versare sangue. Il potere mostrava il suo volto più brutale e pianificava il tutto anche in quei vertici che il movimento giustamente contestava.

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Prima e dopo Genova. Breve descrizione del movimento in Versilia e a Viareggio.

Alla vigilia del G8 di Genova in Versilia l’attivismo politico era in crescita come da tutte le altre parti di Italia. La fine degli anni ‘90 si era caratterizzata per la lieve ripresa di alcune lotte operaie in aziende come Henraux, Azimut Benetti, Perini, Salov, ecc.. Nel mondo del lavoro la FIOM CGIL se si eccettua la scuola dove stavano emergendo i COBAS si manteneva egemone. I comuni della Versilia erano amministrati da giunte di centrosinistra o centrodestra nella logica dell’alternanza. Massarosa con Fabrizio Larini, Pietrasanta con Massimo Mallegni e Forte dei Marmi con Roberto Bertola erano amministrate dal centrodestra. Camaiore con Cristiano Ceragioli, Viareggio con Marco Marcucci e Seravezza con Enrico Mazzucchi erano amministrate dal centrosinistra. Il piccolo comune di Stazzema da una lista civica guidata da Gian Piero Lorenzoni. Il Partito della Rifondazione Comunista, nonostante la scissione subita tre anni prima da parte del Partito dei Comunisti Italiani assai consistente in Versilia, godeva di buona salute sul territorio. Aveva sedi in quasi tutte le città versiliesi, un migliaio di iscritti, consiglieri comunali in ogni comune e un organizzazione giovanile assai combattiva. Il ruolo che il partito assunse era di non facile comprensione, in quanto era alleato del centrosinistra nei comuni locali ed era all’opposizione dei governi nazionali di centrosinistra guidati da D’Alema e da Amato e si era presentato in alternativa a Rutelli e a Berlusconi nelle elezioni della primavera 2001 che avevano visto l’affermazione di quest’ultimo. A Camaiore e Seravezza il PRC era organico al centrosinistra. A Viareggio dopo una collaborazione iniziale si collocò all’opposizione. Rifondazione Comunista fu sicuramente, anche in Versilia, uno dei soggetti più attivi nella mobilitazione anti G8 e non solo perché organizzò grazie al contributo determinante dei della Giovani Comunisti/e i sei autobus che si diressero a Genova ma per una serie di iniziative prima e dopo. In quelli anni la Versilia aveva vissuto un importante lotta ambientalista contro l’inceneritore di Pietrasanta, che aveva visto migliaia di cittadini in piazze e quasi un centinaio di denunciati. La Versilia aveva visto, inoltre, dopo varie occupazioni andate male a Viareggio, la nascita del suo primo centro sociale il “Tempi Moderni” di Montebello a Camaiore e la presenza sul territorio del comitato contro la repressione della Versilia che partendo da questioni repressive aveva iniziato ad occuparsi anche di iniziative internazionali.

A Camaiore, una settimana, prima del G8 Rifondazione Comunista riuscì ad ottenere un consiglio comunale aperto che si tenne in piazza San Bernardino da Siena. La destra disertò il consiglio che fu, tuttavia, partecipato dalla cittadinanza. Intervennero militanti di varie realtà: Centro Sociale Tempi Moderni, Giovani comuniste/i, Socialismo Rivoluzionario, ARCI, Rete di Lilliput. Di ritorno da Genova il comitato contro la repressione della Versilia organizzò un’assemblea presso la sala d’ascia maestri e calafati in via Coppino a Viareggio. La sala era gremita che la gente dovette rimanere fuori. Il 24 luglio a Pietrasanta si tenne un presidio unitario con centinaia e centinaia di persone in piazza. In quel giorno in tutta Italia si calcola che tra presidi e cortei scesero in piazza oltre un milione di persone.

La repressione di Genova non fiaccò il movimento che provò a darsi una struttura. Sul modello del Genova Social Forum, nacquero ovunque i social forum. Il Versilia Social Forum vide la partecipazione di numerose realtà sociali, sindacali e politiche. In primis Casa delle Donne, ARCI ma anche dei rinati collettivi studenteschi. Il 2002 fu l’anno del social forum di Firenze con almeno 50.000 partecipanti alla settimana di discussione alla Fortezza e un milione di persone al corteo. Nel 2003 nacquero in Toscana nuovi centri sociali occupati, ricordiamo il CSOA SARS a Viareggio e La Comune a Massa. Il 2003 fu, però, caratterizzato, essenzialmente, per il grande movimento contro la guerra in Iraq. A Viareggio, il Versilia Social Forum riuscì grazie anche alla Fondazione Carnevale guidata da un illuminato Elio Tofanelli a bloccare per cinque minuti il carnevale e mandare in mondovisione un messaggio contro la guerra imperialista. Quello che fu definito da alcuni il piccolo biennio rosso 2001 – 2003 vide protagonista anche la Versilia e Viareggio come lo furono protagonisti nel vero biennio rosso quello del 1919 -1920.

Numerosi politici furono contestati pesantemente in quelli anni. Vittorio Sgarbi rinunciò a parlare e Gianfranco Fini riuscì a terminare a fatica un comizio in piazza Margherita a Viareggio.

Anche a Viareggio e in Versilia è giusto parlare di un prima e di un dopo Genova specialmente tra i più giovani. Il movimento studentesco negli anni 2002 -2003 fu protagonista senza eguali di una stagione di lotte che andarono ben oltre le solite rivendicazioni studentesche.

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1999 altro che fine della storia. Il popolo di Seattle prima del G8 di Genova.

La polizia lancia gas lacrimogeno durante le manifestazioni contro l’Organizzazione mondiale per il commercio (WTO), Seattle, 30 novembre 1999 (AP Photo/Eric Draper, File)

Il ventesimo secolo era agli sgoccioli, dieci anni prima c’era stata la caduta del muro di Berlino e la drammatica fine dei paesi a “socialismo reale”, la narrazione dominante parlava di fine della storia, riprendendo le parole di quell’impostore che rispondeva al nome di Francis Fukuyama. Il neo liberismo era la politica economica dominante anzi era l’economia che dominava sulla politica. I mercati dell’Est Europeo si erano aperti e subito dopo loro i mercati di tutto il mondo ai processi di globalizzazione capitalista. Gli USA avevano bombardato la Jugoslavia e con le bombe su Belgrado avevano parlato a Cina, Russia e alla nascente UE facendo capire che loro e solo loro erano la potenza dominante. Effettivamente in questo scorrere di eventi vedere una prospettiva che rompesse il pensiero unico era difficile ma nel novembre del 1999 a Seattle quindi proprio nel ventre del mostro qualcosa accadde. Era nato quello che fu ribattezzato prima popolo di Seattle, poi movimento no global, infine movimento dei movimenti. Si trattava di un qualcosa di inaspettato per l’opinione pubblica mondiale ma non per chi da anni lavorava ad una critica al neoliberismo. ’L’Organizzazione mondiale per il commercio (WTO), la principale organizzazione internazionale che promuove il libero mercato, aveva organizzato il biennale convegno dei suoi dirigenti allo State Convention and Trade Center di Seattle. Il convegno era stato programmato con largo anticipo e gli attivisti anti-globalizzazione si organizzarono di conseguenza sfruttando la rete. Internet sembrò ridare vita a fermenti sopiti da decenni, come un fiume carsico che scorre nel sottosuolo e riappare all’improvviso in superficie. Il movimento che si scontrò per le vie di Seattle apparve subito un movimento plurale con una miriade di posizioni e sensibilità ,ma questa babele sarebbe stata anche la sua forza. Sindacalisti preoccupati delle nuove forme di sfruttamento, contadini che si vedevano cancellati dalla grande distribuzione, ambientalisti che denunciavano le imminenti catastrofi ambientali, partiti e gruppi di una sinistra confusa che si leccava le ferite ma soprattutto una nuova generazione, quella generazione a cui era stato detto: “che sarebbero stati le donne e gli uomini del 2000.” Il 2000 stava arrivando ma non aveva le sembianze narrate ricordava piuttosto l’ennesima puntata del dominio capitalista quello che ormai da due secoli e mezzo opprimeva il pianeta e aveva prodotto ben due guerre mondiali.

A Seattle si vide, quindi per la prima volta dopo il 1989 e la fine del socialismo reale, un’opposizione internazionale al capitalismo anche se si manifestò essenzialmente come critica al neoliberismo. Nel 1994 l’insurrezione zapatista in Chiapas aveva già mostrato che la storia non era finita e soprattutto non era finita come volevano i padroni seppur, momentaneamente, vincenti. Il movimento di Seattle con tutti i suoi limiti di analisi e di azione, con tutte le sue divisioni e le sue esitazioni, rappresenterà comunque per gli anni successivi un punto di riferimento come immaginario di un altro mondo possibile, questo sarà anche lo slogan contro il G8 di Genova, ma soprattutto un luogo concreto di prassi e confronto politico che riattiverà giovani e giovanissimi se no destinati a non incontrare mai l’impegno sociale e politico. Non si può capire il G8 di Genova se non si capisce Seattle e tutti i controvertici che caratterizzeranno i due anni successivi a Seattle. Tantissime le città in cui un popolo variegato manifesterà il suo dissenso da Praga a Davos; da Amsterdam a Napoli, da Nizza ad Amsterdam. Un movimento internazionale e internazionalista che fu subito accolto in modo violento dai vari stati che fin da quel novembre 1999 tentarono di reprimerlo. Più di seicento furono gli arresti e centinaia e centinaia i feriti e contusi. Il vertice fu costretto ad interrompere i lavori e il capo della polizia fu costretto a dimettersi. Questo movimento, forse, fu troppo sottovalutato anche da certi compagni che invece di mettersi al lavoro per favorirne una direzione rivoluzionaria lo snobbarono o lo seguirono a fasi alterne prediligendo la costruzione di soggetti esterni ad esso. Il ruolo dei marxisti all’interno di quel movimento richiederebbe un approfondimento particolare e molto tempo anche perché non tutti i marxisti ebbero lo stesso approccio rispetto a questo fenomeno. Alcuni furono colti di sorpresa, altri come abbiamo già detto lo snobbarono, altri ci si buttarono dentro in modo acritico seguendone la deriva. Pochi praticarono un’internità senza rinunciare alla propria autonomia. Quello che è certo che il secolo finiva con il conflitto sociale ed erano i prodromi per l’inizio del nuovo altro che fine della storia.

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A Camaiore Rifondazione Comunista attacca il PD che sembra candidare Marcello Pierucci al dopo Del Dotto.

“Sopravvive solo chi si evolve: è una legge della natura, ma anche della politica. E in questo caso dobbiamo constatare che il Partito Democratico, a Camaiore e non solo, è prigioniero di una mentalità incapace di mettersi in discussione e di aprirsi alle energie migliori provenienti dalla società civile del territorio. Le voci sempre più insistenti che danno ormai per decisa la candidatura di Marcello Pierucci ci lasciano perplessi: davvero il PD non riesce a fare altro che proporre come candidati i propri ex assessori, rifugiandosi nella gestione dell’esistente e puntando tutto su una ipotetica “area moderata” che fino a pochi anni fa avremmo chiamato destra senza problemi? Lo diciamo subito a scanso di equivoci: Rifondazione Comunista non è interessata ad operazioni di questo genere. Per noi il governo e l’amministrazione sono uno strumento per cambiare la società, non un fine, e pertanto saremo più determinati che mai a presentarci in alternativa tanto al centrodestra quanto ad un centrosinistra che sempre di più tende ad assomigliargli.”

Partito della Rifondazione Comunista di Camaiore

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Minacce da parte di chi ha devastato le Apuane. Che i padroni del marmo stiano preparando un nuovo squadrismo?

Nell’ultimo periodo abbiamo visto il triste ritorno dello squadrismo padronale. I padroni che non vogliono rinunciare ai loro profitti, anche quando sono illeciti e frutto di sfruttamento selvaggio, sono disposti a tutto. Da Prato a Novara passando per Lodi e Piacenza. Dal lancio di acido ai lavoratori che picchettavano all’investimento e uccisione di Adil. Siamo di fronte ad un fenomeno preoccupante che non basta denunciare ma che va stroncato sul nascere. Temiamo che anche i “proprietari” delle cave o come preferiamo chiamarli noi i distruttori della montagna decidano di ricorrere a questi mezzi. Il 4 luglio su trenta cime delle Apuane si terrà un grande flash mob che vede protagonisti tante realtà ambientaliste ed immediatamente si annunciano provocazioni da parte dei signori del Marmo che parlano in modo ipocrita di presidi pacifici per tutelare le cave ma che potrebbero nascondere ben altre intenzioni visto quello che hanno scritto su di uno striscione: “Qui non sono accettati ambientalisti, speleologi e chi è contro le cave.” Striscione che si commenta da solo per il puzzo di arroganza padronale che emana. Le montagne sono proprio il posto più adatto per ambientalisti e speleologi e per tutti quelli che le considerano un bene comune e non proprietà privata rubata alla collettività. Di fronte a queste minacce, più o meno velate, la manifestazione ambientalista assume ancor di più una maggiore importanza. Le famiglie che gestiscono i profitti delle marmo cercano di strumentalizzare i lavoratori in questa loro lotta ma i lavoratori del lapideo se sapranno essere intelligenti si ricorderanno di come sono sempre stati sfruttati dai padroni. L’interesse delle imprese e l’interesse dei lavoratori non può mai essere dalla stessa parte anche se la narrazione padronale cerca di farlo credere. Di fronte a menzogne e nuovo squadrismo è auspicabile che la lotta di classe e la lotta per la difesa dell’ambiente si saldino per una nuova proposta ecosocialista.

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Il 17 Luglio torna il Museo Popolare Gïåk Vërdün. Ci saranno numerose sorprese da non perdere.

Riunione operativa, nella pineta di Levante, venerdì 2 luglio da parte, degli artisti del Museo Popolare Gïåk Vërdün: Sopralluoghi e scelta dei materiali in vista della prossima apertura. Si, infatti la grande attesa sta per terminare. Sabato 17 luglio alle ore 17 inaugurerà la quarta edizione del museo, un’esperienza di artivismo dove istallazioni, performance e varie esperienze artistiche si metteranno al servizio della difesa del parco, per contrastare progetti scellerati come: l’asse di penetrazione, il passaggio della ciclovia tirrenica dentro la riserva della Lecciona e il continuo abbattimento di alberi. Il programma sarà ricco e non vogliamo svelarlo tutto. Possiamo solo dire che oltre alle performance, vi sarà un reading di poesie e saranno premiati con la pigna d’oro i ventitré denunciati di Piazza Statuto a Pietrasanta colpevoli di difendere i tigli e quindi meritevoli di un premio. Previsti anche interventi di varie realtà ambientaliste e stand. Insomma un appuntamento da non perdere con alcune grosse sorprese.

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Per Repubblica Viareggina non bastano le scuse di Dondolini che dovrebbe dimettersi.

“Scusarsi non è sufficiente quando si esprimono pensieri retrivi, figli di un concezione maschilista e patriarcale. Se poi si considera che per certe esternazioni si è fatto fare una pessima figura a livello nazionale all’intera città dare le dimissioni avrebbe dovuto essere il minimo.

Invece da parte di Marco Dondolini non si intravede nemmeno un minimo di autocritica ma una pezza che è peggiore del buco. Quando Dondolini dice che si tratta di una strumentalizzazione per non parlare di sicurezza dice una cosa falsa. Perché chi non vuol parlare di sicurezza sono lui e il suo partito. Totale silenzio, infatti, sulla violenza che un gruppo di bulli ha esercitato verso un giovane manifestante al pride di Viareggio. Non una proposta su emergenza abitativa e disagio giovanile in città. Ferma opposizione al disegno di legge ZAN. E a voler allargare lo sguardo uscendo dai confini comunali troviamo diversi indagati nel meridione di Italia del suo partito per collusioni con la ‘ndrangheta. Se vuole parlare di sicurezza prima non deve fuggire da questi temi. Ci spiace che alcuni consiglieri comunali di cui abbiamo stima abbiano votato la sua mozione che a noi appare piena di luoghi comuni e di propaganda fumosa.”

Repubblica Viareggina

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